Fare con poco (di Lapo Berti)
FARE CON POCO è uno slogan che ha un sapore antico, che ci riporta ad altre stagioni della nostra storia, al dopoguerra, agli anni cinquanta, quando tutto doveva essere ricostruito e reinventato, quando c’era una gran voglia di fare e di crescere, ma le risorse erano poche e i soldi ancora meno.
Riproporre oggi la “parola d’ordine”, FARE CON POCO non è un ritorno al passato, il recupero, in chiave nostalgica, di un mondo che ancora oggi ci colpisce e ci sorprende per l’energia che fu capace di scatenare, convogliandola in realizzazioni di ogni tipo, dalle grandi imprese industriali, alle grandi infrastrutture, alle geniali intuizioni che dettero vita al “Made in Italy”. Non è uno slogan pauperistico, non è un elogio dell’austerità. È, piuttosto, un invito alla sobrietà, al senso dell’equilibrio, alla consapevolezza del limite.
FARE CON POCO è una sfida rivolta al futuro. Noi vogliamo che sia l’annuncio di una svolta verso un futuro possibile, ma anche necessario. Un futuro in cui l’ossessione della quantità, che è stata la cifra del ciclo di sviluppo che abbiamo alle spalle, ceda il passo al gusto per la qualità e la qualità della vita diventi l’obiettivo principale di chi produce, di chi fa e pensa l’economia. Vorremmo, più in generale, che FARE CON POCO diventasse uno stile di vita, il fulcro di una nuova cultura del vivere in società.
FARE CON POCO è l’appello che nasce dalla consapevolezza, maturata in questi anni di crisi, che dobbiamo operare un cambiamento profondo nei modi in cui funziona il sistema economico che alimenta le nostre società e che questo cambiamento non può venire dall’alto. Nessun governo, per quanto benevolo, ce lo può regalare. Può solo nascere da una trasformazione radicale dei nostri stili di vita e, dunque, da una mutazione profonda del nostro orizzonte culturale. Non è vero che l’economia determina tutto, anche se la forza d’inerzia delle scelte economiche compiute dal manipolo di persone che costituiscono l’oligarchia economica e finanziaria del capitalismo globale è poderosa e appare potenzialmente capace di travolgere tutto. Alla fine, tuttavia, sono le scelte disperse di miliardi di persone che giorno dopo giorno forniscono la convalida di quel modello, ma possono anche cominciare a decretarne la fine. C’è un’opera immane di educazione da fare, un lavoro di riorientamento delle coscienze.
FARE CON POCO significa, in primo luogo, incorporare nella dimensione economica il senso del limite, la consapevolezza che il nostro mondo finito non può più accogliere una crescita infinita. Significa, dunque, ripensare un modello di sviluppo incentrato sulla crescita quantitativa delle merci prodotte, sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse, sull’indifferenza per i destini del pianeta. Sappiamo dove quel modello ci ha portato, inseguendo il miraggio del paradiso in terra che ha segnato il destino della prima modernità, seppellendola alla fine sotto un ammasso informe e senza senso di merci spesso inutili, brutte, dannose, inquinanti. Abbiamo creduto che la crescita senza fine delle merci e del reddito che ci consentiva di acquistarle fosse la sostanza del nostro benessere, il segreto della felicità. Oggi ci accorgiamo, talora con stupore, con incredulità, che non è così, che la felicità abita altrove, al di fuori delle cose, in quell’interiorità dell’uomo cui occorrerebbe tornare. FARE CON POCO può essere la soluzione, perché ci aiuta a riportare il mondo delle merci nella dimensione che gli è proprio, di ausilio funzionale della vita dell’uomo in società, scalzandolo dalla posizione di moloch che tutto domina e tutto divora.
FARE CON POCO significa fare appello all’innovazione perché ci fornisca gli strumenti per perseguire una vita di qualità senza devastare il pianeta. Occorre riorientare la ricerca perché si concentri sulla necessità di soddisfare i bisogni degli uomini nella maniera più efficiente in una prospettiva non effimera, non dettata dall’esigenza di mantenere in moto il ciclo produttivo. Quindi uso accorto delle risorse, affidabilità, durata dei prodotti, con l’obiettivo di un loro riciclo per non sovraccaricare l’ambiente di quella massa di rifiuti da cui oggi è sommerso il pianeta.
FARE CON POCO richiede, inoltre, cittadini consapevoli capaci di essere consumatori responsabili che usano il mercato per affermare le loro esigenze e non si lasciano travolgere da una comunicazione pubblicitaria che è più uno strumento di prevaricazione che d’informazione, come dovrebbe essere.
FARE CON POCO significa, insomma, opporsi alla società dell’ostentazione, all’aumento mostruoso delle disuguaglianze economiche che sta creando una “razza” di superricchi, dotati di mezzi economici e finanziari spropositati, senza alcun rapporto razionale con i fini che possono essere ragionevolmente perseguiti su questa terra.
FARE CON POCO, infine, dovrebbe anche diventare il motto che regola la vita politica, per tagliare finalmente il legame fra denaro e politica che ha finito per stravolgere tutti i meccanismi della democrazia rappresentativa, consegnando gli eletti al richiamo fattosi irresistibile della ricchezza e del potere e lasciando gli elettori privi di qualsiasi potere di scelta e di controllo. Una democrazia funzionante può vivere solo se la politica impara a FARE CON POCO.
Lapo Berti da www.lib21.org
Lib21 con NeXt e la Consulta Professione Junior dell’Ordine degli architetti di Roma organizza presso la Casa dell’Architettura, Piazza Manfredo Fanti 47, Roma, un ciclo di tre incontri sul tema “VOGLIA DI FUTURO – Qualità della vita è…”. Si comincia lunedì 28 ottobre, alle ore 17.00 con il tema FARE CON POCO
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!