Il Medio Oriente non pensa a Gaza
Ha sul capo un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale. All’ONU, ha parlato in un’aula deserta. E ormai, 157 stati su 193 riconoscono lo stato di Palestina. Eppure, Netanyahu tira dritto. E tirerà dritto fino all’Iran.
Indipendentemente da ogni cessate il fuoco. Perché ha il mondo contro, sì: ma non il mondo arabo.
Per Netanyahu, l’obiettivo ultimo è abbattere il regime degli Ayatollah: per passare alla storia non come quello del 7 Ottobre, ma come l’artefice di un nuovo Medio Oriente. E nonostante tutto, la normalizzazione con i paesi arabi avviata dagli Accordi di Abramo, o se vogliamo, dalla pace con l’Egitto del 1979, non è in discussione. “Nel 1948, i miei zii sono rimasti in quello che è diventato Israele. E oggi, i miei cugini sono medici, ingegneri. La verità è che è andata meglio a chi si è ritrovato in Israele che a chi si è ritrovato tra gli arabi”, mi ha detto un palestinese a Yarmouk, a Damasco, in quella che era la capitale della Diaspora: e che adesso, è in macerie. Completamente. Non esiste più.
E quindi, come tanti, a tutto pensa, tranne che a Gaza. Ha già troppi problemi. Gaza, d’altra parte, a suo tempo, ha forse pensato a Yarmouk?
E’ kafkiano. A Jenin, che insomma è Jenin, raid di continuo, un’attivista che stava andando a Ramallah a comprarsi del vino da bere di nascosto con amici che avrebbe visto altrettanto di nascosto, perché in West Bank, nel 2025 è ancora inopportuno, ragazze e ragazzi insieme, mi ha detto: “Culturalmente, socialmente, qui è tutto stagnante. Non fosse per l’Occupazione, vorremmo tutti vivere a Tel Aviv”. A Baghdad, un musicista mi ha detto: “Dopo la Shoah, gli ebrei si sono ricostruiti da zero. E guarda Israele. Per un attimo, non guardare l’Occupazione: guarda l’economia, la tecnologia. Qui, invece, non c’è che quello che è stato costruito secoli fa. Non c’è che quello che abbiamo ereditato: abbiamo solo distrutto”. E a Beirut? Il barista del mio caffè preferito è un ammiratore di Netanyahu. Ti dice: “Non mi riferisco all’Occupazione”, al solito, ma poi ti dice: “Netanyahu è uno che decide. Ha una strategia, che non condivido. Ma ha una strategia, chiara. Mentre qui? Qui non si sa manco chi è che decide”.
Fino a ieri, nessuno neppure pronunciava la parola: Israele. Tutta l’Europa si sta mobilitando contro Israele: e in Medio Oriente, è l’opposto.
Ma perché in realtà, tutti vogliono un nuovo Medio Oriente. Non solo Netanyahu. Sono tutti sfiniti dalle mille guerre che hanno vissuto. La povertà è ovunque. E probabilmente, con la Primavera Araba si è capito che per gli Assad, per i Gheddafi, per i Saddam, l’opposizione a Israele non era che retorica: non era che un pretesto per imporre uno stato di emergenza permanente, e giustificare lo sfascio generale. Ora, poi, c’è stata l’umiliazione di Hezbollah. E dell’Iran. Neutralizzati senza che si siano mai davvero uniti a Hamas. Con Nasrallah morto come un topo. O forse, è la diffidenza nei confronti di questi palestinesi senza più leadership, ormai, e ancora uno contro l’altro, persino con un genocidio in corso, e che quindi, sono imprevedibili: e rischiano di essere di nuovo un fattore di instabilità. Come negli anni ’70.
Quello che è certo, è che in Medio Oriente nessuno ti parla di Gaza. Ti dicono laconici: Israele esiste, ormai. Proprio ora che Israele bombarda tutto e tutti.
Vorrei dirvi che quelli che ho intorno sono tutti dei Mustafa Barghouti che leggono Gramsci, e stanno svegli tutta la notte a seguire la guerra su al-Jazeera: ma non è vero. Per molti, ormai, il modello è Dubai. Il Golfo, con questa sua ricchezza immensa, che viene da gas e petrolio, distribuita, non creata: questi paesi senza un parlamento, né partiti, né sindacati, né stampa, in queste città senza piazze, né librerie, né cinema, queste società senza società, in cui ognuno si fa gli affari suoi, e pensa agli altri solo con la zakat, la quota annuale del proprio reddito da devolvere alle charity. Né welfare, né diritti. Solo mall, mall. E SUV.
Ma in fondo, cos’è l’Europa, vista da qui? L’Europa che ha sostenuto fino all’ultimo gli Assad, i Gheddafi, i Saddam, e oggi, sostiene gli al-Sisi come ieri i Mubarak? L’Europa che chiude le sue frontiere quanto l’Egitto la frontiera di Rafah?
Chi è davvero diverso da Netanyahu, scagli la prima pietra. Chi davvero gli si oppone.
L’unica linea rossa, è la scia del sangue dei palestinesi.
Francesca Borri (da facebook)
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