Il nodo dell’immigrazione
Mettiamo da parte le giaculatorie sull’accoglienza indiscriminata “perché siamo tutti cittadini del mondo”. Questa linea ha ispirato le politiche lassiste in un lungo arco temporale quando nessuno faceva nulla per frenare gli arrivi irregolari perché, in fin dei conti, noi occidentali eravamo i colpevoli del sottosviluppo di mezzo mondo e dovevamo espiare le nostre colpe accogliendo tutti. Quei tempi sono finiti, ma hanno prodotti effetti nefasti. Solo con il governo Meloni si è imboccata la strada maestra degli accordi con i paesi di partenza (“aiutiamoli a casa loro” non è più una bestemmia, ma l’unica strategia valida) e i risultati sono arrivati tanto che il Primo ministro inglese è venuto a Roma per capire se dall’esempio italiano c’è qualcosa da imparare (Albania compresa).
Ciò che non si può più negare è che l’immigrazione irregolare fa danni come sanno benissimo gli abitanti delle grandi città afflitte da accampamenti di gente allo sbando e da microcriminalità in netto aumento. Nemmeno si può dire che abbiamo bisogno di questa immigrazione perché un esercito di lavoratori servili disposti a farsi sfruttare in modi bestiali porta al sottosviluppo. Gli italiani non sono razzisti, ma sono stufi di dover fare i conti con un problema che le politiche pubbliche hanno lasciato marcire nell’inazione per decenni. Ben venga l’immigrazione regolare di persone che vengono per lavorare e per integrarsi nel nostro sistema sociale. Ben venga un sistema per accogliere i veri profughi senza permettere che veri e finti scorrazzino sul territorio nazionale a caccia di sopravvivenza.
18 settembre 2024
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