Il patto per il lavoro pubblico

Un “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale” è stato firmato ieri dal Presidente del Consiglio e dai maggiori sindacati confederali. Per Draghi “il buon funzionamento del settore pubblico è al centro del buon funzionamento della società”. Parole non scelte a caso. Quale coesione sociale ci può essere se il settore pubblico spesso si mostra inefficiente, fonte di sprechi e di ingiustificati privilegi per chi ci lavora? Con la pandemia il solco tra dipendenti pubblici e privati si è approfondito. Cassa integrazione e rischio di licenziamento da un lato. Stipendio pieno, garanzia del posto e prolungata assenza dal lavoro dall’altro più le “tradizionali” tutele dei diritti che spesso sconfinano nel privilegio.

Ben venga il Patto per rinnovare e qualificare il lavoro pubblico, ma non bisogna dimenticare che le amministrazioni pubbliche non esistono per dare uno stipendio ai propri dipendenti, bensì per erogare servizi ai cittadini. Consultare i sindacati non basta. Bisogna dare voce all’utenza introducendo strumenti di valutazione del servizio. Mettendo però ben in chiaro la catena di responsabilità che parte da chi scrive leggi e regolamenti, passa per i dirigenti che organizzano il lavoro e arriva ai dipendenti che interagiscono con i cittadini. Trasparenza e informazione innanzitutto

11 marzo 2021

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