Il tempo dei costruttori (e delle costruttrici)
Note sul discorso di fine d’anno del Presidente Mattarella. Di Giovanna Badalassi tratto da www.ladynomics.it
Ammettiamolo. Ieri sera quando nel suo discorso di Capodanno il Presidente Mattarella ha pronunciato la frase “E’ il tempo dei costruttori”, abbiamo avuto un attimo di apnea e un piccolo corto circuito si è formato nella nostra mente. L’avesse detta chiunque altro il nostro pensiero immediato sarebbe stato: ”Maledizione, un’altra colata di cemento sul paese, sai i regali alla malavita. In poco tempo crolleremo di debito pubblico e sotto le macerie di infrastrutture marce edificate da (S)pregiudicati maschi di terza età”.
Tale è infatti la nostra esasperazione verso questo termine, dalla reputazione oramai distrutta, in un paese che ha smesso di costruire oramai da parecchio tempo.
Per fortuna nostra questa frase l’ha detta l’amatissimo e rispettatissimo Presidente, e allora il nostro respiro è subito regolarmente ricominciato perché abbiamo capito che certamente si riferiva ad un concetto più esteso del termine. Sì, dobbiamo ricostruire l’Italia, a partire anche da noi stessi.
E noi stesse, eh. Proprio perché era sempre il Presidente a parlare, quello che ha appena dato onorificenze a 21 donne su 36 premiati, abbiamo anche immediatamente interpretato questo termine totalmente inclusivo rispetto anche a noi donne. Per questo da stamattina le chat e i social si sbizzarriscono nel declinare questo nuovo significato della parola, fino a indicare il 2021 come “l’anno delle costruttrici”, coniato dalla nostra amica Daniela Carlà di NoiReteDonne.
Siamo però tutti così disabituati/e a costruire che abbiamo perso le coordinate e i connotati di cosa significhi veramente. Finché si tratta di fare gettate di cemento, certo, è facile: la casa o si costruisce o non è.
Ben più difficile è definire “costruire” nel caso delle persone, delle procedure, della pubblica amministrazione, del sistema economico.
Cosa vuol dire ri-costruire la giustizia? La scuola? Il sistema sanitario? Un sistema economico sostenibile? E’ un po’ più complicato, in questo caso, e va ben oltre l’acquisto degli arredi o delle attrezzature, perché si tratta di edificare la struttura portante del capitale umano che dovrebbe sostenere il paese nei prossimi anni. Un capitale umano che, lo do per scontato, deve essere composto per metà da donne e per metà dagli uomini.
Ci vuole, insomma, una nuova classe dirigente, semidirigente, funzionaria ed esecutiva (quindi, praticamente, tutti noi):
1) che conosca bene il proprio mestiere,
2) che abbia le caratteristiche psicologiche proprie dei costruttori/trici,
3) alla quale venga dato effettivamente il potere della costruzione.
Vediamo queste tre condizioni indispensabili (che parrebbero banali, ma qui tocca ripartire dalle istruzioni for dummies, evidentemente, dato lo stato/Stato nel quale ci troviamo).
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Cosa significa veramente conoscere il proprio mestiere
Si tratta di anni di esperienza e di studio. Punto. Non si scappa da questo. Che si tratti di ingegneria, economia, organizzazione, selezione, ecc, ogni mestiere ha bisogno di essere esercitato, praticato e approfondito per anni per poter essere padroneggiato. Certo, esistono sempre i geni, ma non sono i due che ti possono capitare in un secolo a costruire un paese, bensì migliaia, ripetiamo, migliaia, di persone capaci che si applicano ogni giorno usando la tecnica di un mestiere appreso in anni di studio e pratica. All’inizio infatti si imparano le regole, poi le si applicano e solo dopo anni di impegno si è capaci di costruirne di nuove, più efficaci ed efficienti, proprio perché si conoscono nei minimi dettagli i limiti delle vecchie. Questo vale per ogni mestiere. Quindi raccomandati, mezze tacche, figli di, che non hanno anni ed anni ed anni di esperienza alle spalle non saranno mai costruttori/trici. Non lo saranno mai neanche persone eccellenti in un campo che vengono messe a costruire in un altro del quale non sanno niente. La capacità, per esprimersi appieno nella costruzione, ha bisogno di esperienza.
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