L’Europa c’è: i fondi per l’emergenza e la ricostruzione

Da quando i ministri delle finanze europei si sono accordati su un pacchetto di aiuti fiscali per l’emergenza coronavirus è esplosa una sorta di isteria collettiva sul Mes. Tanto hanno detto alcune forze politiche (M5s, Lega, FdI) da indurre un timore oscuro sull’intervento di questa entità che viene presentata come maligna incarnazione del demonio. I politici che ne parlano in questi termini sono del tutto in malafede come può comprendere qualunque persona dotata di normale intelligenza.

Ovviamente si rievoca sempre la “terribile” troika che gestì l’intervento in Grecia. Sbagliarono metodo e tempi e determinarono sofferenze inutili. Va bene diamolo per assodato. Nessuno però ama ricordare che lo stesso Fondo fece prestiti anche ad Irlanda, Spagna, Portogallo e Cipro senza che nessun dramma umano e sociale rimbalzasse su giornali, televisioni, siti internet.

Ma questo era il passato, l’oggi è molto diverso. I ministri delle finanze hanno trovato l’accordo su una modifica delle regole del MES per creare una linea di credito, attivabile su richiesta degli stati membri, dedicata all’emergenza Coronavirus senza alcuna altra condizione se non che quei soldi vengano utilizzati per le spese sanitarie, dirette e indirette. Condizionalità dunque molto bassa e comune per tutti. Per l’Italia si tratterebbe di 37 miliardi di euro.

Cosa c’è che non va? Non ci servono quei soldi? La Spagna che ha già avuto l’esperienza di un prestito del Mes con le condizioni ordinarie prenderà il prestito. E noi? Qui si sta parlando di un crollo del Pil mai visto in tempo di pace e stiamo ad inseguire i pregiudizi ideologici di apprendisti stregoni in malafede?

Riflettiamo. Fino a ieri c’era un pregiudizio sull’Italia fondato sulla semplice osservazione dei fatti. L’Italia è arrivata all’appuntamento con la storia gravata da un debito record e da una grave inefficienza della spesa pubblica. La produttività di sistema è tra le più basse dell’intera Europa e non perché la gente lavora poco, ma per l’estrema frammentazione del tessuto produttivo e per il peso di chi vive alle spalle di chi lavora. Secondo una ricerca di Luca Ricolfi (“La società signorile di massa”) in Italia la quota di chi non lavora è molto più alta di quella di chi lavora. E questo si accompagna ad una grande ricchezza patrimoniale delle famiglie e allo sfruttamento del lavoro servile di alcuni milioni di immigrati oltre che a consumi medi degli italiani da società benestante. Il tutto all’insegna dell’ostilità per qualunque cambiamento rispetto allo status quo. La prova? La prima che viene alla mente è il dramma dell’agricoltura e della zootecnia. Scappati per l’epidemia i lavoratori stagionali stranieri che fino ad oggi hanno garantito la produzione nazionale nessuno ipotizza che possano essere sostituiti da lavoratori italiani per i quali, però, vengono stanziate somme ingenti per sussidi di vario tipo che si aggiungono a quelli già in vigore (Naspi, Reddito di cittadinanza ed altri). Chi raccoglierà la frutta e la verdura? Chi seminerà? Chi poterà? Non si sa, ma l’unica certezza è che pochissimi saranno italiani.

Dunque l’Italia che pensa di rifiutare sdegnosamente i prestiti del Mes era già un Paese fragile e squilibrato, abituato a vivere, almeno in parte, di rendita. La botta che verrà dopo l’emergenza di questi giorni porterà ad una presa di coscienza? Non si sa. Per ora c’è una recrudescenza di un nazionalismo da operetta. Qualcuno dice: “se non accolgono le nostre richieste faremo da soli”. Ma questi signori hanno la minima idea di cosa stanno dicendo? Ci stanno proponendo la miseria, il disastro totale, né più e né meno. La verità è che l’Italia da sola già oggi sarebbe un Paese fallito senza più credito sui mercati internazionali e ridotto a stampare carta straccia chiamata moneta che nessuno vorrebbe perché priva di valore.

Già oggi. E invece non è così. Chi ci salva e ci garantisce un 2020 abbastanza stabile (nella disgrazia)? La BCE, ovvero l’Europa con la banca centrale dell’eurozona. Quest’anno comprerà la bellezza (stima di più fonti) di 220 miliardi di euro di titoli italiani cioè coprirà abbondantemente tutto l’extra deficit causato dalla crisi covid 19 dandoci la possibilità di agire senza avere l’acqua alla gola. Se qualcuno non ha capito bene diciamolo in altro modo: la BCE stamperà moneta per far fronte ai nostri bisogni e questa moneta avrà valore perché sarà garantita da tutti gli stati dell’eurozona Germania innanzitutto. Non solo: la BCE tiene i titoli che acquista e li rinnova quando scadono. Avete capito bene?  

Ma non è finita. Gli accordi europei prevedono interventi su più fronti. La Commissione europea ha sospeso il Patto di stabilità invitando i governi (la Von der Leyen si è rivolta esplicitamente al governo italiano) a fare tutto il deficit che serve. Senza limiti. Anche gli aiuti di Stato alle imprese saranno possibili. Inoltre i fondi europei per la realizzazione di programmi nei vari paesi se non spesi non dovranno essere restituiti al bilancio della Commissione, ma potranno essere utilizzati come vogliono i governi senza alcun vincolo. Per l’Italia si tratta di 11 miliardi. Non finisce qui però.

Per la prima volta si introduce uno strumento europeo di sostegno alla disoccupazione (Sure), sotto forma di prestiti agevolati dall’Ue agli stati membri. I prestiti saranno utilizzati per coprire i costi di istituzione o estensione di regimi nazionali di cassa integrazione. Poiché non vi sono dotazioni prestabilite sull’ammontare di prestito che i singoli stati potranno ricevere, si ha una parziale mutualizzazione di risorse comunitarie per circa 100 miliardi di euro. Proseguiamo.

La Bei (Banca Europea degli Investimenti) metterà in gioco 200 miliardi di prestiti alle imprese. Reperiti come? Di nuovo con obbligazioni europee.

Infine c’è un accordo di massima per un piano di finanziamenti a lungo termine per la ricostruzione economica, un Recovery Plan pluriennale anch’esso realizzato con strumenti di finanziamento comune per un valore che potrebbe toccare i mille miliardi di euro. La sua definizione è demandata al prossimo Consiglio europeo, per il quale è bene ricordare che l’Italia era già riuscita a stabilire una piattaforma comune con altri otto stati europei tra i quali vi sono la Francia e la Spagna sulla base della quale si è svolto il precedente Consiglio europeo che ha poi portato all’accordo tra i ministri delle finanze.

Ricapitolando si tratta di obiettivi di finanziamento garantiti dagli stati europei che possono toccare i 1500 miliardi di euro. Alla trattativa e ai passi successivi è affidata anche la possibilità che la BCE intervenga per acquistare parte delle obbligazioni emesse svolgendo così, di fatto, un ruolo che va oltre quello che formalmente le appartiene. In questo caso il rimborso del debito potrebbe essere diluito su un orizzonte temporale di più decenni.

Apriamo bene gli occhi e le orecchie, attiviamo il cervello: questa è l’Europa alla quale apparteniamo. Dipenderà dai cittadini europei se potrà fare di più oppure no, ma tutti dobbiamo sapere che fra i grandi del mondo c’è e ci dovrà essere sempre di più

Claudio Lombardi

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