L’immobilismo di sinistra che fa crescere la destra

L’elezione di Trump è l’ultimo episodio di una crescita elettorale delle destre che tocca ormai la maggior parte degli stati occidentali. È la fine della liberaldemocrazia? No. Destra non è sinonimo di eversione, di attentato alle costituzioni democratiche, di fascismo. È vero, Trump si presenta e si esibisce come aspirante dittatore e i suoi sostenitori il 6 gennaio 2021 hanno effettivamente messo in atto un colpo di stato simulato che solo la stupidità degli apparati di sicurezza ha permesso portasse all’invasione del Parlamento. Sarebbero bastati reparti anti sommossa ben attrezzati a respingerli senza problemi. Perché non è stato fatto? Anche in Italia tante manifestazioni di estremisti avrebbero voluto entrare nei palazzi del potere, ma la polizia li ha sempre respinti in guerriglie urbane spaventose che intorno a Capitol Hill non si sono viste.

Destra e sinistra con le varie sfumature nelle quali si articolano sono state messe alla prova negli ultimi anni da vasti fenomeni economici e sociali che hanno stravolto le rispettive identità. Si è detto tante volte che le sinistre sono finite a difendere gli interessi dei capitalisti mentre le destre hanno assunto la rappresentanza dei ceti popolari colpiti dalle trasformazioni economiche e dai tagli ai bilanci pubblici. Il processo di rimescolamento delle carte è in corso da almeno vent’anni, ma sono state le guerre in Ucraina e quella scatenata da Hamas e da Hezbollah su mandato dell’Iran contro Israele a complicare ulteriormente le cose. Come in uno specchio la guerra in Ucraina ha restituito la vera immagine di tante identità politiche e opinioni personali. Chi si credeva di una sinistra dura e pura si è schierato a favore delle ragioni di un dittatore di stampo fascista come Putin (lo storico Luciano Canfora esempio sopra tutti). Chi era bollato col marchio di infamia neofascista (Giorgia Meloni) si è trovato ad invocare la resistenza di un popolo invaso e calpestato in nome dei valori assoluti della libertà e della democrazia. E allora Trump? Trump è facile: ragiona in termini di rapporti di forza e di interessi e questa è la sua identità.

Nel caso della guerra voluta dall’Iran per bloccare gli Accordi di Abramo e il reciproco riconoscimento tra Israele e Arabia Saudita e la loro collaborazione per sviluppare penisola arabica e Medio oriente si è svelata tutta la fragilità dei paesi occidentali e l’effetto deleterio della crescita di una forte minoranza musulmana di immigrati e di seconde generazioni. Giovani palestinesi, arabi e iraniani si sono messi a capo di un movimento di protesta che da subito ha abbracciato lo slogan genocidario degli islamisti di Hamas “Palestina libera dal fiume al mare”. La vittoria di Hamas sul piano della propaganda è stata totale ed ha assunto il controllo delle piazze e delle sedi universitarie potendo contare su opinioni pubbliche colpite dalla guerra a Gaza, ma inconsapevoli sulle vere ragioni del conflitto e sull’uso feroce degli scudi umani palestinesi da parte di Hamas, ma anche disinformata da media occidentali quasi tutti schierati in una falsa difesa dei palestinesi da una guerra voluta dai loro capi e fomentata da anni di azioni aggressive (il 7 ottobre 2023 ne è stato il culmine) contro Israele. Hanno pompato la contrapposizione poveri/ricchi e quella potenti/indifesi oltre ogni evidenza e hanno trascinato tanta gente sconvolta dalla violenza della guerra come se questa potesse essere solo simulata.

In un quadro così perturbato non può sembrare strano che la destra americana abbia seguito un personaggio borderline come Trump. Punto di accumulo di enormi contraddizioni Trump è riuscito a dare l’impressione di possedere la capacità di leadership che molti elettori andavano cercando e che non potevano trovare in un partito democratico avviluppato nelle sue vischiosità di potere ed ideologiche. La risata e l’ottimismo di Kamala Harris non potevano far dimenticare i problemi irrisolti e persino non riconosciuti come tali (l’immigrazione e la criminalità) e nemmeno l’incremento dell’inflazione che ha colpito i consumi della popolazione di reddito medio-basso. Tutti problemi reali che i democratici non hanno saputo riconoscere ed affrontare.

L’elezione di Trump immerge le sinistre, che si erano illuse di avere la vittoria in tasca, in un bagno di realtà che va ben oltre gli Stati Uniti. L’immigrazione e l’incremento della criminalità sono state le discriminanti che hanno orientato il voto degli elettori. Quanto a lungo abbiamo sentito dire anche in Europa e specialmente in Italia che l’immigrazione è una risorsa e non è generatrice di disordine, degrado, caos? Ebbene gli elettori stanno rispondendo con il voto alla gigantesca sottovalutazione targata sinistra che dura ormai da decenni e che la forte componente di religione islamica coordinata da una fittissima rete di moschee finanziate dai paesi arabi ha reso ancora più evidente. La caccia all’ebreo messa in atto ad Amsterdam indica una tendenza che si consoliderà ad utilizzare le libertà e le garanzie assicurate nei paesi europei per stabilire un predominio di fatto nella società.

Per chi ne sottovaluta l’impatto ed è vincolato ad un pensiero che vuole aprire le braccia a tutti l’immigrazione si trasforma in una trappola. Non a caso in Italia la legge di base è sempre la Bossi-Fini del 2002 quella del contratto a distanza precondizione per entrare in Italia. Una legge che di fatto impedisce l’immigrazione regolare e per questo dovrebbe essere tolta di mezzo subito, ma nessuno in ventidue anni l’ha toccata. Questa è la stranezza. Le destre non l’hanno cambiata (persino Fini recentemente ha invitato a farlo). Le sinistre non l’hanno cambiata eppure hanno governato per anni.

In tutto il tempo trascorso da quando l’immigrazione è diventato uno dei temi centrali nello scontro politico non è stata adottata una strategia per frenare le partenze (unica eccezione Minniti nel 2017) e gli sbarcati sono stati lasciati liberi di sistemarsi come potevano in Italia o di andarsene in altri paesi. Si è formata così una massa di persone senza identità a disposizione di criminalità e sfruttatori in una micidiale fabbrica dell’insicurezza e del degrado. Solo il governo Meloni ha annunciato una strategia imperniata sulla collaborazione con i paesi africani e sta cercando di frenare sia le partenze che gli sbarchi in Italia (il CPR in Albania serve a lasciare fuori una piccola parte dei migranti che sennò finirebbero a fare i clandestini).

Le sinistre rifiutano di ammettere le conseguenze  di un’immigrazione incontrollata e insistono sulla necessità che abbiamo di lavoratori e sul dovere di accogliere tutti quelli che vogliono una vita migliore anche a prescindere dalle reali possibilità di accoglienza e dimenticando sempre l’integrazione. Questo è il punto sul quale spetta agli elettori manifestare il loro dissenso.

Siamo ancora all’idealismo che vorrebbe imporre società aperte che sono fuori dalla storia. Se si votasse oggi in Italia l’immigrazione e la sicurezza sarebbero ancora ai primi posti e le destre saprebbero approfittare dell’immobilismo degli avversari prigionieri dei loro schemi ideologici. In  fin dei conti questo ha saputo fare Trump

Claudio Lombardi

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