Napolitano e M5S: una mossa che non sta in piedi (di Roberto Angeli)

accuse m5s NapolitanoUna breve riflessione circa la richiesta di messa in stato d’accusa del Presidente Napolitano per attentato alla Costituzione promossa dal M5S. Una richiesta che, alla lettura, appare poco solida sotto il profilo giuridico ed invece ricolma di critiche di carattere politico.

Le critiche, più o meno severe e più o meno condivisibili, sono comunque pienamente legittime e rappresentano l’opinione circa la determinazione della politica nazionale, e verso scelte specifiche, che ogni persona o partito politico ha diritto di esprimere. Ma proprio laddove si voglia criticare il Presidente, o chiunque altro, sarebbe bene non sovrapporre i piani. Sia per tenere distinte le questioni, e fornire per ognuna la corretta lettura, sia per non offrire al soggetto criticato una comoda via d’uscita.

confusione m5sIl testo del M5S accusa – in sintesi – il Presidente della Repubblica di aver forzato la Costituzione e di aver turbato la regolare attività degli organi istituzionali, con atti od omissioni, per addivenire ad una diversa forma di governo: un governo a reggimento presidenziale.
Tenendo rigidamente separata la valutazione circa l’opportunità o l’efficacia politica delle decisioni assunte dal Presidente (argomentazioni che per l’appunto rientrano nella sfera del diritto di critica) e riferendomi solo al punto principale, osservo che:
per la richiesta di messa in stato d’accusa relativamente alla questione “modifica forma di governo” (detta così per brevità) continuo a pensare che non ci siano gli estremi in punto di diritto. Non vedo dove le prerogative presidenziali siano state esorbitanti rispetto al dettato costituzionale (gradirei esempi concreti e non narrazione vaghe sul tema).

stallo sistemaIl punto è, secondo me, che quelle prerogative sono divenute forti – in senso relativo – dato lo stallo del sistema dei partiti presenti in Parlamento. Cionondimeno ciascuna decisione del Presidente è stata avallata, in ogni passaggio, da una maggioranza parlamentare amplissima, rispettando la forma e le prassi di un governo parlamentare. Che questo processo decisionale sia stato politicamente un bene è altro discorso.

Ovviamente la “forma parlamentare” è una definizione parecchio prescrittiva (giustamente prescrittiva direi) ma scarsamente descrittiva in termini di meccanica sistemica. Un semplicismo lessicale che è utile a porre dei paletti valoriali e di perimetro istituzionale, ma non è sufficiente a spiegarne la logica di funzionamento. Essa rimanda infatti ad una divisione dei poteri che non esiste (nemmeno in linea di principio) nell’impianto istituzionale italiano, e ad un assemblearismo mai sperimentato. Ciò che noi nella sostanza abbiamo – e qui la letteratura politologica è ampia – è una forma di governo indiviso, fra Parlamento e Governo, che si sostanzia nella definizione di “governo della maggioranza“, diversamente dal governo diviso tipico della forma presidenziale.

collasso partitiIn questa situazione, laddove esista una maggioranza chiara, il sistema funziona come deve tramite il binario della fiducia fra parlamento e governo, il cui asse è per l’appunto la maggioranza politica. Laddove però, come negli ultimi due anni, non esista una chiara maggioranza politica gli altri poteri (tutti) assumono comparativamente più rilievo, così come un piccolo suono appare un boato se fatto nel più profondo silenzio.
Questo è il vero punto di critica: il collasso del sistema dei partiti e la loro progressiva debolezza, inazione ed inefficacia. Ma questa è appunto una critica di carattere politico, o se vogliamo una riflessione di carattere sistemico. Attribuire al Presidente la volontà di forzare il dettato costituzionale, di interferire indebitamente o di travalicare dalle sue prerogative – fino al punto dell’attentato alla costituzione, è un modo errato di porre la questione poiché sposta il tema sulle accuse formali – per me non fondate – quando invece ci sarebbe molto su cui riflettere circa l’architettura costituzionale prevista nel nostro ordinamento, il suo effettivo funzionamento, il rapporto fra istituzioni, procedure, e sistema dei partiti, e sui limiti e correttivi da valutare. Forse potremmo trarre lezioni interessanti di cui far tesoro, e lasciare la legittima critica politica nell’alveo che le è proprio.

Roberto Angeli

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