Timeo Verdini et dona ferentes (di Roberto Angeli)
Pare che Renzi stia per partorire. Un travaglio un po’ più lungo ed agitato del previsto, con pentacontrazioni fastidiose e qualche voglia pruriginosa sopita, ma che comunque dovrebbe arrivare in porto a breve.
Si potrebbero muovere legittime critiche, di metodo e di merito, al nascente Esecutivo ed al suo Leader. Alcune molto ben fondate. Ma almeno una cosa va detta……alea iacta est! Finalmente va al macero la finta fratellanza caina, quella delle frasi rassicuranti e dei coltelli nella schiena, e si dismette il facile alibi del “se ci fossi stato io…” consegnando le chiavi di casa al nuovo Premier. Il redde rationem è alle porte e potremo seguire il risultato in diretta stando attaccati alla radiolina.
Però il buon Matteo si trova a non poter giocare la partita – per scelta o necessità – sul suo campo. Il tempo gli era nemico ed i margini ristretti. La gioca sull’unico campo che al momento è a disposizione, quello con le righe tirate da Alfano, e un po’ di regole dettate da Mr. B., sperando di poter comunque imporre il suo gioco. Non la condizione ideale per chi auspicava – ripetendolo più volte ad alta voce – di entrare a Palazzo Chigi con un fresco raccolto di voti. Ci entrerà guidando la sua auto, e standoci pure un po’ stretto considerando la quantità di convertiti dell’ultima ora che sono saliti sulla Smart del vincitore (anche i motti si adeguano ai tempi). Ma tant’è….chi in politica non ha mai voltato la rotta scagli la prima pietra.
Qualche compromesso, qualche posto da assegnare, ed i piddini troveranno la loro ennesima unità, rigorosamente temporanea: è la logica politica del Panta rei, che da Eraclito arriva dritta fino in via del Nazareno.
Ma dovrà fare i conti bene Matteo, perché Alfano si farà pagare il suo appoggio parlamentare. In primo luogo imponendo un perimetro politico ben chiaro: nessun governo di centrosinistra (senza trattino) ma la riproposizione pedissequa della formula che fu di Letta. Per un partito (l’NCD) che contemporaneamente deve ricavarsi uno spazio nel centro-destra e che però non può rompere prematuramente con la Casa Madre, con la quale è sempre bene tenere aperto un dialogo in vista di una probabile collaborazione elettorale, divenire il sostegno passivo di un governo chiaramente orientato a sinistra sarebbe imperdonabile. Ed infatti non accadrà.
L’altra posta, ben più ardua da ottenere, sarà la richiesta di una limatura alle soglie della legge elettorale che al momento rendono complessa qualunque collocazione per il neonato partito (sia come membro di una coalizione di centrodestra sia come perno di un polo centrista).
Ma qui il margine di manovra si fa minimo poiché Verdini ha un mandato molto netto: nessuna revisione dell’accordo sulle riforme istituzionali, dove FI crede di aver ceduto anche troppo. E’ su questa linea Maginot che si giocherà la tenuta di una partita giocata su due tavoli. Da una parte gli alfaniani con le loro richieste che condizionano la nascita del governo, dall’altra gli arcoriani che tengono duro attorno ad una riforma elettorale che gli concede parecchi atout.
Nel mezzo il Governo e Renzi, che si gioca molto (per lui e per noi) senza poter schierare le truppe come avrebbe desiderato. Ma l’attesa fino al compimento della road map delle riforme lo avrebbe tenuto in standby troppo a lungo, e nessuna euforia dura all’infinito, nessuna messianica attesa supera un tempo dato, nessuna onda ti tiene in alto per sempre. Il Nostro avrebbe rischiato di rimanere ai margini dell’azione, ed ugualmente logorato da un possibile fallimento del governo cui era azionista di maggioranza. Così armato dall’ottimismo della volontà – e noi abbarbicati all’ottimismo della disperazione – il segretario del PD rompe gli indugi e si getta nella mischia. Per aspera ad astra? Speriamolo tutti, che ce n’è di bisogno.
Ma rimane un piccolo dubbio che lentamente affiora in superficie (a pensare male si fa peccato, lo so….), come se un nuovo Laocoonte me lo sussurrasse. Cosa porta in dono Verdini? Sarà un vero aiuto? Uno scambio dall’utilità vicendevole, quello in cui si combinano riforme istituzionali e governo di legislatura in uno sposalizio per il bene del paese? Forse che questo sacramento invece di essere suggellato dal “finchè legislatura non ci separi” non abbia già il timer acceso tarato sui tempi di FI? E non sarà che, con le regole elettorali di cui sopra, Berlusconi si è già assicurato l’alleanza con Alfano (ed altri ancora), ed entrambi sono pronti a staccare la spina non appena sarà il momento propizio?
Marciare divisi per colpire uniti? Già, una vecchia storia..
Roberto Angeli
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