Nel giorno della memoria l’Europa smemorata

Oggi si celebra il Giorno della Memoria per non dimenticare l’orrore e per non scordare l’atrocità delle leggi razziali. Il 27 gennaio 1945 è la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz. Oggi ricordiamo la Shoah e la persecuzione dei cittadini ebrei e di quelli che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte. Un appuntamento importante per ricordare e per formare una coscienza collettiva soprattutto tra i giovani. Purtroppo gli europei sembrano aver dimenticato il proprio passato: il 2015 ha visto la creazione di nuovi muri e filo spinato ai confini tra paesi UE ed extra UE ma anche nel cuore dell’Europa come a Calais in Francia.

E proprio in questi giorni 6 paesi europei (Austria, Germania, Danimarca, Francia, Svezia e Norvegia) chiedono la sospensione di Schengen per due anni e il ripristino dei controlli alle frontiere.

Europa egoismi nazionaliIn Danimarca il governo minoritario di destra che si regge sull’appoggio esterno della formazione xenofoba Partito del popolo, ha approvato una legge che mira a ridurre il flusso dei migranti. Nel 2015 ne sono arrivati 21 mila il 2% del totale in Europa. La normativa prevede il sequestro di denaro e di beni come telefoni, computer ed orologi ad eccezione di quelli con un valore affettivo come le fedi nuziali. Il governo danese si giustifica affermando che servono per coprire i costi di vitto e alloggio. Dopo un lungo viaggio attraverso mille pericoli per cercare rifugio dalle guerre in Europa lasciandosi alle spalle le proprie case, i propri affetti e i propri amici non sappiamo far altro che spogliarli dei loro averi sequestrandoli per pagare il loro “soggiorno”. Ditemi voi se questo è un comportamento del quale possiamo esser fieri nella civile Europa del 21 secolo?

In tutto questo si aggiungono i ministri degli interni di Olanda, Germania, Austria e Belgio che chiedono alla Grecia di rispettare gli accordi sulla registrazione di profughi e migranti minacciandola di escluderla dall’area Schengen: insomma dopo la tragedia di questa estate si paventa una nuova Grexit e non per motivi economici. Di fronte a questa situazione drammatica il Presidente del Consiglio Donald Tusk ha ammonito i 28 Stati membri: “Abbiamo due mesi di tempo per salvare l’Unione europea” e proporre il superamento del regolamento di Dublino. La Commissione europea vorrebbe istituire una Polizia di frontiera comune ma non riesce neanche a far rispettare la redistribuzione dei rifugiati tra i paesi UE: da settembre ne sono stati redistribuiti appena 414 su 160.000. Insomma Schengen è sull’orlo del tracollo e rischia di portarsi dietro l’intera costruzione europea.

giovani europei erasmusIn questi giorni in molti si chiedono dove sia la generazione Erasmus. La generazione, che è nata nell’Europa senza frontiere e che ha fatto della libertà di movimento una delle sue prerogative irrinunciabili, dovrebbe scendere in piazza con le bandiere europee per riaffermare tale libertà. Ma non è la sola generazione a doversi sentire in colpa. Che dire della generazione dei quaranta-cinquantenni che guardano la situazione europea dalla finestra come semplici spettatori. Cosa racconteremo (mi ci metto anche io tra questi) ai nostri figli quando ci chiederanno cosa abbiamo fatto per evitare il baratro verso il quale stiamo scivolando?

Senza dover aspettare la fine basta guardare The Great European Disaster Movie, Il Film del Grande disastro europeo dei registi Annalisa Piras e Bill Emmott. Le scene iniziali si aprono in un futuro prossimo venturo (la data non è chiarita, potrebbe essere tra 5 o 10 anni), dove l’Unione Europea è stata smantellata, caduta sotto le spinte centrifughe dei movimenti nazionalisti. Il continente è in fiamme, divorato dalla crisi economica e politica, da nuove guerre e da rivolte.

muri EuropaTornando ai giorni nostri la situazione è a dir poco esplosiva: alle problematiche suindicate si intrecciano i controlli e la paura di nuovi attentati dell’Isis ad ampio raggio su tutto il territorio europeo. Senza dimenticare le pulsioni autoritarie di paesi come l’Ungheria e la Polonia, i cui governi nazionalisti si oppongono fermamente alle decisioni europee di redistribuzione dei rifugiati e approvano leggi per restringere le libertà democratiche e per controllare direttamente i media.

Chissà che il pellegrinaggio di Matteo Renzi a Ventotene previsto per sabato 30 gennaio non sia dovuto alla ricerca del bandolo della matassa europea, alla ricerca di quell’elemento giusto che può risolvere una soluzione intricata, quasi disperata. Sull’isola troverà il sindaco ad accompagnarlo tra le rovine del carcere di Santo Stefano ma soprattutto ci saranno gli intrepidi militanti federalisti che con striscioni e bandiere, lungo le strade dell’ex confino fascista, gli ricorderanno che la sola soluzione, che può consentire al primo ministro italiano di rispedire al mittente le accuse di populismo antieuropeo alla Salvini e alla Grillo, è quella di farsi promotore di una iniziativa costituente per gli Stati Uniti d’Europa. Come richiede, tra l’altro, l’iniziativa dei sei presidenti della camere basse promossa da Laura Boldrini. L’Italia è un paese fondatore è ha il dovere di fare proposte concrete per salvare l’Europa. A quel punto Francia e Germania non potrebbero più trattare l’Italia dall’alto in basso. Ma dovrebbero assumersi le proprie responsabilità di paese fondatore. Chissà che lo spirito di Altiero Spinelli non possa fare il miracolo nei confronti di un Premier alla ricerca di maggior rispetto tra i colleghi europei. Altrimenti sarà un’altra occasione persa per Renzi ma soprattutto per l’Europa.

Nicola Vallinoto tratto da http://www.europainmovimento.eu

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