Pensieri sparsi sulla contemporaneità

Adesso, in questo momento in cui sto scrivendo, Stefano Rodotà alla radio riflette sulla mistificazione della democrazia diretta che lascia poco spazio alla riflessione e quindi svuota il concetto di democrazia.. a chi si riferisce? A tutti e a nessuno.

Osserva che un parlamento che non è capace di vedere le richieste di partecipazione fatte da idee o petizioni – ovvero un’idea di partecipazione più diretta – si condanna all’isolamento e alla sua estinzione di fatto.

Se fosse obbligato a discutere le richieste dei cittadini, come fanno i Comuni – per esempio -, il concetto di democrazia partecipata tornerebbe a crescere e in questo la tecnologia potrebbe aiutare. La partita non è chiusa.

Però la tecnologia non è neutrale, ma può essere uno strumento che supporta sia quell’esasperata verticalizzazione che va dai media al “capo-folla” sia un uso diligente e politico dell’informazione e della partecipazione (il che sarebbe anche un diritto).

Un uomo di formazione postbellica per quanto siano affascinanti le sue indagini in merito alla democrazia diretta, al controllo, al cercare di combattere anche la sparizione di altri soggetti che stiano tra il capo e la folla, all’integrazione della partecipazione con le nuove tecnologie. Un uomo che sembra avere ancora qualcosa di interessante da dire…

Ascolto con interesse questa idea di incanalamento di riflessioni che prima erano di dominio solo di luoghi chiusi, ma siccome in queste ore continua la mia lettura dei pensieri di Gramsci, comprendo che sì, è assolutamente corretto riprendere quella sua raccomandazione o auspicio di arricchire il Parlamento di cultura e idee...ovvero della presenza di intellettuali che interagiscono con tutte le piattaforme in cui si svolge la cultura (ogni grado di scuola fino all’università), ma ci vuole una classe di intellettuali nuova forte, creativa, fruttuosa, autorevole, onesta.

Sono molti anni che il governo del paese è in mano ai tecnici e i filosofi della contemporaneità sono ancora di quell’età in cui si viveva in un mondo diviso, sopraffatto da dittatori con ambizioni di dominio disposti a tutto per ottenerla.

Un portato storico che solo ora mi rendo conto di quanto abbia condizionato e tutt’ora condizioni.  Le generazioni dei trentenni hanno molte idee che sono eccentriche rispetto a questo, sono cresciute in un pianeta con altre emergenze, altre esigenze di pace, uguaglianza e libertà che non si esprimevano lo scorso secolo in questo modo.

Mi sento zoppa di idee esattamente come mi sento zoppa di idee quando entro in un museo di arte contemporanea che a ben vedere dovrebbe essere l’avanguardia del pensiero perché rappresenta quanto ancora non è portato al razionale.

Al momento mere descrizioni molto narcisiste.

150 caratteri come tweet che si ritwittano all’infinito

Valentina Falcioni

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