Sinistra Italiana, un aiuto per l’Italia
Confesso che ero andato con un po’ di scetticismo al Teatro Quirino ad assistere alla nascita di Sinistra Italiana. A parte la folla che in un assolato sabato mattina ha partecipato all’evento senza riuscire ad entrare tutta nel teatro gremito, quello che ha trasformato l’iniziale scetticismo di chi come me queste cose le ha già viste tante volte, è stata la chiarezza degli interventi, la mancanza di sterile retorica, la lucidità del ragionamento legata alla manifestazione delle emozioni, la consapevolezza della strada da percorrere, la necessità storica di una ricostruzione morale della Politica.
Si parte dal nome: Sinistra Italiana, in acronimo SI come affermazione, come proposta, come progetto, in alternativa a quel NO che troppo spesso ha contraddistinto l’azione di una sinistra incapace a disegnare scenari di società nuova, di sviluppo sostenibile, di politiche nazionali di dimensioni europee.
E’ stato detto che non ci si fermerà alla costruzione di un recinto contenente un gruppo parlamentare di nicchia e di testimonianza, ma che il gruppo sarà l’inizio di un percorso politico e sociale capace di includere, di allargare il consenso, di parlare con la gente e tra la gente, di coinvolgere.
Questo nuovo soggetto della Sinistra Italiana dovrà recuperare la sua parzialità, cioè il suo essere di parte perché quando la sinistra nella storia ha cercato di nascondere la propria parzialità si è sempre ridotta a fare la portatrice dell’interesse del più forte.
Consapevolezza dell’essere di parte perché il cambiamento è necessario ma non è neutro: può essere progressivo, ma può essere anche regressivo. Cioè, può essere capace di coniugare sviluppo sostenibile e progresso sociale o può essere il modo in cui si afferma un capitalismo più retrivo.
Consapevolezza dell’essere di parte perché la politica non deve rinunciare al suo ruolo democratico di mediazione degli interessi legittimi e di compensazione degli squilibri sociali. Senza questo la dimensione sociale dell’individuo vien meno e nella desertificazione sociale muore anche la democrazia, la civile convivenza, le regole.
Anche l’europeismo retorico porta fuori strada ed impedisce di concepire un’Europa fondata su uno sviluppo sostenibile, sul lavoro, sui saperi, sulla compatibilità ambientale, sui diritti dei popoli, sulla solidarietà, sulla pace.
Spetta innanzitutto alla sinistra comprendere, interpretare e dare rappresentanza alle sofferenze sociali che nascono dalle tante forme di diseguaglianza.
Però non bisogna dimenticare che nella società non c’è solo sofferenza sociale, ma anche competenze, energie, conoscenze, nuove generazioni portatrici di nuovi saperi e di innovazioni tecnologiche, nuove forme di socialità e di solidarietà.
L’orizzonte strategico di una rinnovata sinistra deve mettere al centro il Lavoro per ridare dignità alle persone e speranza ai giovani. E poi la difesa dei diritti che, però, da sola è insufficiente senza proposte forti e possibili di riforme per uno sviluppo che marci insieme al progresso dei popoli, all’affermazione dei valori costituzionali, alla dignità degli individui, alla difesa dell’ambiente in cui viviamo e in cui vivranno i nostri figli.
Nell’orizzonte della sinistra ci deve essere il valore della Legalità. E tendere al cambiamento degli stili di vita, dando valore all’onestà, alla sobrietà, alla trasparenza. Infine, la sinistra si qualifica se mette da parte gli individualismi e i carrieristi della politica, se ritrova il senso della collettività, se si rimette al servizio delle comunità e delle persone.
Paolo Gelsomini
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