Un movimento della società civile per la riforma della Rai (di Tana De Zulueta)
Come dice Paul Ginsborg le grandi iniziative della società civile in Italia sono come un fiume carsico che a volte si inabissa e scompare per poi riapparire. La proposta di legge di iniziativa popolare sulla riforma della Rai che raccolse 50mila firme nel 2004 iniziò proprio con una discussione tra addetti ai lavori, giornalisti e gente dello spettacolo, ma poi diventò un movimento popolare che percorse tutto il Paese. Fu scritta come alternativa alla legge Gasparri per cui conteneva anche norme antitrust mentre la Gasparri ha consentito, come è noto, il mercato mediatico più concentrato d’Europa.
Per porre limiti a questa anomalia la proposta di legge di iniziativa popolare conteneva norme per mettere al riparo il bene comune servizio pubblico e garantire un valore importante come l’indipendenza. Il sistema attuale invece è strutturato per cancellare ogni speranza di indipendenza. Basti pensare alla nomina politica del Consiglio di amministrazione della Rai e alla gestione del canone completamente in mano al governo. Il servizio pubblico non può nemmeno contare su una risorsa che gli dovrebbe appartenere.
Quella proposta ovviamente non fu considerata dal Parlamento. Nella sostanza fu ripresentata negli anni successivi da me e da Giuseppe Giulietti e, infine, è stata ripresa da un gruppo di cittadini che hanno dato vita al movimento MoveOn ed è stata chiamata “La Rai ai cittadini”. Io trovo che il loro lavoro è prezioso perché non sono addetti ai lavori cioè operatori dei media e nemmeno sono politici. Gli americani direbbero che sono “concerned citizens”, cittadini che ci tengono e hanno rilanciato questa proposta riassunta in 5 punti che adesso sta anche sul sito www.change.org; cinque punti per salvare il bene comune. Abbiamo raccolto in poche ore più di diecimila firme e la raccolta prosegue.
Questo gruppo di cittadini ha anche avviato un interessante dialogo in Parlamento con vari gruppi parlamentari in modo abbastanza trasversale. Molto importante l’adesione da parte del presidente della Commissione di vigilanza Rai Roberto Fico che ha parlato di sé stesso augurandosi di essere l’ultimo presidente della Vigilanza. Non si pensi ad un’eccentricità, il fatto è che lui conosce bene questa proposta e la presentò in un’iniziativa pubblica a Napoli con Sabina Guzzanti. Bisogna prendere atto che esiste ormai un patrimonio comune di una grande rete di cittadini che hanno capito che l’attuale sistema è desueto. Si è parlato molto degli aspetti tecnologici di questa inadeguatezza, ma la parte maggiore spetta alla concentrazione del potere di controllo del servizio pubblico esclusivamente nella mani della politica. Questa è la vera prima inadeguatezza cui porre rimedio.
E non si dica che la Vigilanza Rai non è importante; lo è invece e molto perché nomina il Consiglio di amministrazione della Rai e perché è al centro di un meccanismo di trasmissione diretta dal mondo della politica al mondo dell’informazione che ormai è talmente aberrante che non lo vediamo nemmeno più. Ad ogni nomina del CdA Rai segue una transazione generale con rimessa in discussione perfino della direzione dei maggiori quotidiani del paese. Questo per dare un’idea di quanto il sistema sia ormai blindato e consolidata l’idea che si possano per lealtà politica pretendere posti non solo nelle redazioni, ma anche nell’amministrazione della Rai e persino tra i corrispondenti internazionali che vengono distribuiti come prebende come si faceva con le buone ambasciate ai clientes.
Questo è un sistema malato e per questo è importante che si apra la riforma della Rai alla partecipazione dei cittadini. Per questo non basta una semplice petizione perché è una cosa che dura poco nel tempo; per cambiare qualcosa ci vuole un intervento più penetrante. Se parliamo di contratto di servizio poi bisogna prendere come esempio la consultazione dei cittadini che è stata fatta dalla BBC per la nuova Royal Charter. La cosa più importante è che la consultazione sia organizzata e gestita da chi gestisce il servizio pubblico per andare incontro ai bisogni dei propri utenti, per rafforzare il legame con loro e per essere in una posizione di forza in un eventuale negoziato con il governo. Non va bene il contrario e cioè che la consultazione sia gestita direttamente dal governo.
Per questi motivi penso che debba essere accolta ogni iniziativa che va in direzione di nuove forme di partecipazione sia che si parli di convenzione, sia di contratto di servizio, sia di riforma della Rai come si sta facendo da parte di soggetti diversi come articolo 21 e MoveOn che ha avviato un tavolo di lavoro in Parlamento per arrivare ad una proposta di legge condivisa.
I 5 punti della proposta di MoveOn sono scritti con una finalità ben precisa, quella di tutelare l’indipendenza del servizio pubblico, ma non possono prescindere da due colonne portanti senza le quali nessuna riforma potrebbe funzionare: conflitto di interessi e antitrust. Dentro questo quadro va dato il massimo valore alla partecipazione della “gente che ci tiene” e spero che il tavolo di lavoro “società civile-parlamentari” arrivi in tempi brevi ad una proposta che abbia una sua legittimità politica e possa essere portata in discussione dai gruppi politici in Parlamento.
Tana De Zulueta
L’informazione è davvero un bene pubblico da tutelare. E lo sarà ancor di più nelle democrazie del (non tanto lontano)futuro, quando i cittadini potranno esprimersi sui temi (complessi, e quindi bisognosi di informazione plurale e di qualità)che contano, all’interno dei partiti politici e nella società.
L’azione pionieristica di Tana de Zulueta, continuata con vigore e senso civico da Move On Italia, merita attenzione