Voto in Germania, intervista a Michael Braun
Al termine di un incontro organizzato dal Movimento Federalista Europeo per approfondire l’analisi dei risultati elettorali in Germania abbiamo rivolto alcune domande a Michael Braun giornalista del Tageszeitung
Nel voto in Germania c’è un dato che salta agli occhi di un osservatore italiano ed è la solidità del sistema dei partiti. È così?
Sì è corretto. Al di là della ripartizione dei voti sembra senz’altro che abbia vinto il sistema partitico tedesco. Anzi, possiamo dire che si è addirittura consolidato perché hanno preso più voti i grandi partiti; in particolare due soli partiti hanno preso quasi il 70% dei voti e in parlamento abbiamo solo quattro partiti invece dei cinque dell’altra legislatura. Tuttavia bisogna anche dire che, ad un’osservazione più profonda, si vede una fortissima volatilità dell’elettorato tedesco che lo rende simile a quello di altri paesi. Dobbiamo inoltre considerare anche le elezioni dei lander perché lì la volatilità si manifesta con più evidenza. Per esempio due anni fa abbiamo avuto una fortissima crescita del consenso per i verdi sull’onda della catastrofe di Fukushima . I verdi sono arrivati al 25% e hanno eletto il presidente nel Baden Wurttemberg . Oggi nelle elezioni nazionali sono all’8%.
Un secondo esempio è quello del partito dei Piraten che un anno e mezzo fa ebbe un grande exploit arrivando nei sondaggi al 10-12% a livello nazionale e, talvolta, superando addirittura i verdi. I Piraten si sono affermati in diverse elezioni regionali eleggendo loro rappresentanti nei parlamenti dei lander. Ebbene oggi non raggiungono nemmeno il 3%.
Aggiungo ancora un ultimo dato: sembra certo che una porzione consistente di elettori decide il suo voto negli ultimi giorni prima delle elezioni. Questi esempi significano che anche in Germania non c’è più un forte voto di appartenenza o di fedeltà; in realtà c’è un orientamento fortemente deideologizzato, depolarizzato con un legame alquanto labile dell’elettore medio verso uno dei partiti.
Credo però che ci sia una importante differenza tra i sistemi dei partiti italiano e tedesco. Come è noto in Italia non esiste una disciplina dei partiti che non hanno, quindi, nessun obbligo di sottostare a regole relative al loro ordinamento interno né si sottopongono a controlli e verifiche (nonostante e bisogna sempre sottolinearlo si siano autoattribuiti enormi finanziamenti pubblici). Così si sono affermati i “fenomeni” di partiti personali come Forza Italia o di movimenti a base indefinita come il Movimento 5 Stelle. In Germania potrebbero esistere?
Sì è vero qui c’è una differenza molto importante tra i due paesi. No in Germania non può accadere che uno ha molta presa sul pubblico, ha molti soldi e un giorno decide di fondare un partito, ingaggia 200 candidati e li fa eleggere in parlamento. La legge sui partiti prescrive il rispetto di precise procedure democratiche, prevede che i candidati vengano nominati in congressi di partito da delegati a loro volta eletti democraticamente dagli iscritti del partito. Questo da’ ai partiti grande solidità e continuità organizzativa perché non sarebbe possibile l’esistenza di un dominus che decide autonomamente di rifondarli, rinominarli, cacciarne dei membri. No in Germania non ci possono essere padroni dei partiti e tutti devono rispettare la legge.
Un’altra differenza che si percepisce tra Italia e Germania è la consistenza e la proiezione politica della rabbia sociale. In Italia questa è stata una delle componenti del rifiuto dei partiti e anche della partecipazione alle elezioni e del successo di formazioni come il M5S.
Preciso che in Germania ci sono gli emarginati sul mercato del lavoro, ci sono i disoccupati, ci sono quelli che guadagnano pochissimo anche se lavorano a tempo pieno. Questi, però, sono più delusi che arrabbiati cioè non esprimono questa loro emarginazione con un voto di rabbia. Inoltre in Germania non si è affermato (finora) nessun partito populista sia di destra che di sinistra. In minima parte c’è Die Linke che esprime questo segmento dell’elettorato emarginato, ma quello che manca completamente è un partito del precariato giovanile che neanche il partito dei Piraten rappresenta perché questo non è un asse portante del loro programma.
(Michael Braun scrive sul Die Tageszeitung)
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