Il rilancio dell’ Ilva specchio d’Italia

Ora che la questione Ilva pare si avvii a soluzione è bene rileggere alcuni brani di una recente intervista del ministro Calenda perché lì sono indicati alcuni nodi che bloccano l’Italia. Una premessa però. Diamo per scontato che l’Ilva inquinava (e inquina) e che per anni la proprietà non ha fatto nulla per affrontare il problema. D’altra parte, fino a che non è intervenuta la magistratura, si può dire che nessuno ha fatto nulla di significativo. Insensibilità, incoscienza, complicità? No, semplicemente l’inquinamento fa parte delle attività umane e viene sopportato fino a che ci si accorge che fa male e che si può evitare. Ci vuole tempo però. Affrontare i problemi con imperativi categorici facendo finta che basta enunciare i principi per vederli realizzati è una presa in giro. Ora il testo dell’intervista.

Michele Emiliano«Il dato della realtà è questo: oggi Comune di Taranto e Regione Puglia presentano un ricorso contro un piano ambientale che prevede 1,2 miliardi di investimenti a carico dell’investitore, la copertura dei parchi minerari che inizierà a gennaio, e una produzione limitata a 6 milioni di tonnellate sino a che non si completano tutte le misure. Un piano approvato da una commissione di esperti indipendenti del ministero dell’Ambiente, che porta l’Ilva ad essere una della acciaierie più avanzate al mondo. Se il Tar concederà la sospensiva al piano, come chiesto da Emiliano, si dovrà iniziare il processo di spegnimento mentre si ricorre al Consiglio di Stato».

(….) « Il rischio è che Mittal ritenga impossibile gestire l’acciaieria più grande della Ue con il sindaco della città e il presidente della Regione che vogliono cacciarlo ».

«Il problema non è solo giuridico. C’è una Regione che ha due infrastrutture strategiche per l’intero Paese, l’Ilva e il Tap, contro le quali il Governatore ha mosso una guerra. Dice che vuole Ilva a gas, cosa che non sta in piedi, perché in nessun paese (..) c’è un’acciaieria delle dimensioni di Ilva che va a gas. Ma poi comunque fa ricorsi contro un tubo, quello del Tap, che porta in Europa, attraverso l’Italia, il gas azero. Ci sono 3 mali che hanno condizionato tutta la seconda Repubblica: la politica dei ricorsi al Tar; la fuga dalla realtà, quando si promettono cose che non si possono fare; l’irresponsabilità nei confronti delle conseguenze degli atti che si pongono in essere».

ristrutturazione Ilva«Ilva è il caso più eclatante degli ultimi anni, si tratta di oltre 5 miliardi, il più grande investimento industriale nel Meridione da decenni. Ma quello del Tap è un caso altrettanto significativo: per un piccolo tubo di 1,5 metri di diametro, che passa 16 metri sotto la costa e a cui siamo arrivati dopo la valutazione di 13 percorsi alternativi, siamo in grande ritardo, rischiamo una figuraccia internazionale. La Regione è persino arrivata a certificare che gli ulivi sono alberi ad alto fusto per bloccare l’opera mostrando livelli di creatività mai visti prima».

«Se Ilva chiude andiamo a comprare l’acciaio in Germania e perdiamo un punto di Pil. Con il Tap diversifichiamo rispetto al gas russo. Di fronte a tutto questo Emiliano dice che la questione riguarda solo la Puglia. E il Sindaco minaccia battaglie in quanto discendente degli Spartani. Il governo intanto ha tenuto in piedi l’Ilva con quasi 500 milioni di euro prestati all’amministrazione straordinaria. Soldi degli italiani, di tutti i contribuenti che rientrerebbero se l’acquisto andasse a buon fine».

gasdotto Tap«E’ l’idea che tutto è gratis e dovuto. Il gas deve essere ad un prezzo basso ma senza gasdotti. Si vogliono posti di lavoro ma quando ci sono investitori non vanno bene, e quando non ce ne sono è colpa del Governo. C’è un populismo istituzionale che ormai è quasi un virus. Si è già visto anche con Alitalia, che probabilmente non otterrà condizioni migliori al prossimo compratore rispetto a quelle che offriva Ethiad, condizioni che a loro volta erano peggiori di quelle che garantiva Air France anni fa. Un processo che è una continua fuga dalla realtà. Se Mittal rinuncia all’acquisto Emiliano non si farà carico delle bonifiche e dei lavoratori, e sarà il primo a protestare per il prezzo del gas dopo aver boicottato il Tap. Su Alitalia già si riparla di nazionalizzare dopo aver speso miliardi di euro dei contribuenti. Perché alla fine il conto di tutta questa cialtroneria lo pagano sempre i tanti italiani che lavorano, producono e tengono in piedi il paese».

«Ma certo senza un sistema amministrativo che funziona e una politica ancorata alla realtà diventa difficile in particolare occuparsi dei casi più complessi di quei settori, dall’acciaio ai call center, più colpiti dalla crisi ».

fuga dalla realtà«Non c’è una strategia di sviluppo senza una presa di coscienza del fatto che la fuga dalla realtà è la malattia che nutre il populismo. Noi abbiamo stabilito: dal 2025 niente carbone nelle centrali elettriche. Bene, tutti d’accordo, oggi tutti vogliono decarbonizzare, ma se poi provi a fare le necessarie infrastrutture nessuna Regione o comune si astiene dal fare ricorsi. Così non si va lontano».

«Fallito purtroppo il referendum, la prossima legislatura si deve porre il problema di una clausola supremazia in grado di superare i veti locali di fronte ad interessi strategici nazionali, come in Germania».

«Qui ci occupiamo solo di polemiche sulle banche e della cronaca del giorno, mentre rischia di chiudere l’Ilva e il silenzio è assordante. La campagna elettorale è iniziata all’insegna delle promesse che non si manterranno e si tiene alla larga dalla realtà dove le soluzioni sono più complesse e le spiegazioni semplicistiche non reggono. Se questo Paese non fa un bagno di realismo rischiamo lo squagliamento disordinato della Seconda Repubblica».

 

Il testo integrale dell’intervista è qui http://www.corriere.it/economia/17_dicembre_02/ilva-un-emergenza-nazionale-fabbrica-rischia-chiudere-italia-bloccata-veti-incrociati-1913080e-d7a2-11e7-b38f-bb89c6f43bbd.shtml

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