Dalla pandemia ai vaccini. Pensieri di fine anno
Sarà difficile la notte del 31 festeggiare la fine del 2020 facendo finta di chiudere anche con i guai che ci ha portato. Non serviranno a niente i “botti” e i fuochi d’artificio (ammesso che qualcuno riesca ad organizzarli) per scacciarli e salutare l’arrivo di un anno tutto nuovo. Il 2021 nasce già vecchio.
La pandemia ha colto il mondo di sorpresa ed ha messo a nudo i limiti con i quali dobbiamo fare i conti. Il primo è la nostra natura animale. Abituati a considerarci i padroni del mondo grazie ad una tecnologia sempre più sofisticata abbiamo dovuto constatare che un virus è ancora capace di metterci in ginocchio perché in quanto esseri viventi siamo vulnerabili. Molti si sono affrettati a decretare che è il modello di sviluppo basato sullo sfruttamento forsennato delle risorse naturali il responsabile. Il “modello di sviluppo”: suona bene e non significa niente. Le pandemie del passato da quale “modello di sviluppo” sono state causate? Vogliamo forse risalire alla cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre? Possiamo stare tranquilli: anche se torneremo a vivere nelle capanne di paglia e fango così ecologicamente sostenibili cibandoci di frutti ed erbe, ci sarà sempre un virus o un batterio con cui fare i conti.
Un altro limite sono i sistemi che gli esseri umani hanno creato per autogestirsi con le loro istituzioni e le loro regole. Gli stati e le culture. Non tutti hanno reagito allo stesso modo e i risultati sono stati abbastanza clamorosi. Ci si è molto interrogati su come i paesi asiatici siano riusciti a contenere i contagi e a gestirli meglio di quelli occidentali. Non si può dire che i primi siano in assoluto migliori degli altri, ma che ci sia da riflettere sulle differenze sì. La più evidente sta nel diverso rapporto tra individuo e collettività. Una società improntata al culto dell’individuo sconfina facilmente nell’individualismo e rischia, di fronte ad una pandemia che chiama in causa innanzitutto la collettività, di essere un fattore di debolezza.
Un limite specifico dell’Italia è quello che tutti conosciamo: una nazione incompiuta che si disperde in tante direzioni diverse e non riesce a trovare una unità sostanziale intorno ad alcuni valori e a poche regole condivise. Anche in questa pandemia si è manifestata una divaricazione tra interessi particolari e quello generale con una importante novità: tra marzo e maggio la maggioranza degli italiani ha saputo dare l’esempio con un comportamento rigoroso e consapevole che ha sorpreso il mondo. Tra i partiti, invece, la lotta politica non è mai cessata e le opposizioni hanno perseguito un unico scopo: destabilizzare il governo per metterlo in crisi. Il loro esempio è stato che nulla conta più del proprio tornaconto. La sollecitazione è stata per un individualismo menefreghista. Un po’ è stata accolta, ma non dalla maggioranza.
Nel 2020 però ci sono state anche novità clamorose. L’Europa è uscita dall’immobilismo durato molti anni e ha saputo prendere una storica decisione: debito comune per sostenere in maniera differenziata i paesi che ne fanno parte. Insieme alla BCE che ha potenziato la svolta inaugurata nel 2012 con l’acquisto dei titoli pubblici si è dato vita ad azioni che vanno verso una unione politica. Ormai abbiamo preso confidenza con un numero: 209 miliardi. È quanto si è deciso di assegnare all’Italia nel quadro del Next Generation Fund.
È una sfida molto difficile per un paese che è agli ultimi posti per capacità di spendere i fondi europei. Capacissimo di inventare sempre nuovi fantasiosi “regali” per gli elettori sotto forma di incentivi di tutti i tipi, ma in estrema difficoltà quando si tratta di realizzare investimenti che superino le carenze strutturali del sistema paese. Che sia solo un problema di burocrazia è difficile crederlo. È probabilmente la palude nella quale si impantanata l’Italia che seppe costruire in otto anni l’Autostrada del Sole. È un problema di Stato, società e classi dirigenti. Dobbiamo sapere che se questa sfida la perderemo, perderemo anche il nostro aggancio con la parte più avanzata e forte dell’Europa.
La scienza ha fatto segnare nel 2020 uno dei suoi più grandi successi. Se veramente chiuderemo il 2021 con la sconfitta del covid lo dovremo ai vaccini prodotti in tempi record grazie allo sforzo comune dei migliori centri di ricerca di ogni parte del mondo e di un’industria farmaceutica in grado di tradurre in realtà le migliori scoperte degli scienziati. Chi cercasse indicazioni per l’umanità del futuro potrebbe prendere esempio dalla comunità scientifica che ha collaborato per analizzare il covid 19 anche se poi la produzione dei vaccini è stata gestita su base nazionale. Ciò non ha comunque impedito che i vaccini si presentino oggi come un patrimonio comune. Vanno acquistati certo, ma ciò che conta è che non ne è stata negata la vendita per motivi politici a nessuno. Con il covid 19 la consapevolezza che nessuno si salva da solo in un mondo interconnesso è uscita dalla retorica dei discorsi per diventare constatazione oggettiva. Spetta alla politica tradurre questa consapevolezza diffusa in cambiamenti concreti
Claudio Lombardi
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!