Riflessioni sulla flat tax
Dicono che la tassa piatta ovvero l’aliquota unica nel campo dell’Irpef costituirebbe una semplificazione del sistema fiscale. E perché mai? Le quattro aliquote attuali sono altrettanto semplici. La complicazione sta, invece, nel complesso sistema di detrazioni e deduzioni con il quale sono applicate e sta nel fatto che ormai molti redditi sono tassati in maniera proporzionale. Non è, quindi, detto che l’aliquota unica violi il principio di progressività. Dipende da come viene congegnata.
L’art 53 della Costituzione richiede che sia “il sistema tributario” (non, quindi, un’imposta specifica) a essere “informato a criteri di progressività”, ma pare che soltanto l’Irpef con i suoi scaglioni di reddito continui ad esserlo. In realtà nemmeno questo è esatto perché il reddito dei lavoratori con partita Iva è assoggettato all’aliquota del 15% fino a 65 mila euro (le destre vorrebbero portarlo a 100 mila euro). Qui sì che c’è una disparità di trattamento tra redditi della stessa natura. Un lavoratore dipendente pagherebbe fino al 43% per lo stesso reddito. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” afferma il citato art 53. È abbastanza evidente che la norma che differenzia le aliquote in base alla tipologia di lavoro è incostituzionale. Tuttavia, come capita spesso, togliere qualcosa a una categoria di persone è molto difficile. Specie se i governi includono i partiti che hanno fortemente voluto quella norma.
Anche l’Iva, la seconda imposta italiana per introiti, è proporzionale. Le aliquote cambiano in base al bene tassato e non in base al reddito degli acquirenti. Anche la tassazione dei proventi delle locazioni immobiliari funzionano ad aliquota unica e così quelli dei rendimenti finanziari.
A ben vedere un’aliquota unica esiste già per l’Irpef anche al di là del lavoro autonomo. Ai redditi che superano i 50 mila euro annui si applica la massima aliquota prevista, il 43%. Che siano di 51 mila euro o di 50 milioni sempre quella è. Dunque la tassa piatta esiste già anche in questo caso e la progressività è annullata. Ovviamente è un esempio astratto perché chi percepisce redditi molto elevati li trarrà da cespiti diversi che, però, sono già tassati ad aliquote inferiori.
Bisogna dire che la maggior parte degli incassi da Irpef provengono da redditi superiori alla fatidica soglia dei 35 mila euro, nella quale rientrano pochi milioni di contribuenti che, però, pagano tra il 65 e l’80 per cento del gettito totale. È evidente che si tratta esclusivamente di lavoratori dipendenti e pensionati.
Quelli che stanno sotto quella soglia (più di metà dei contribuenti) o non pagano alcuna imposta grazie a deduzioni e detrazioni o pagano molto poco.
In conclusione, anche considerando le diverse “flat tax” già oggi presenti nel sistema fiscale, l’aliquota unica sull’Irpef sarebbe un bel guadagno per tutti i redditi sopra i 28 mila euro. Dal 35% o dal 43% al 23% o al 15% c’è un bel salto. Un guadagno che si tradurrebbe inevitabilmente in minori entrate. Inevitabile domandarsi: chi paga?
Claudio Lombardi
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