I paradossi italiani sull’acqua
A leggere le cronache degli ultimi anni pare che l’Italia sia uno dei territori più disgraziati del mondo. La siccità imperversa, l’acqua manca, i monti franano, i fiumi esondano, le alluvioni allagano paesi e campagne. Un vero disastro al quale vari esperti danno una spiegazione sempre più stringente: è colpa del riscaldamento globale. Sarà vero? No.
L’Italia ha un unico problema: non riesce a programmare e realizzare opere pubbliche importanti. Di colline franose ne esistono tante, ma di interventi per consolidarle pochissimi (Ischia insegna). Di torrenti interrati molti, ma i lavori per metterli in sicurezza in ritardo di decenni (Genova insegna). Di acqua ne cade tanta dal cielo, ma per il 90% se ne va al mare. Come turisti rimaniamo estasiati quando in qualche paese esotico scopriamo primitivi sistemi di raccolta delle acque. Come italiani non ci stupiamo se qualcosa di simile e di molto più evoluto da noi non viene realizzato. Basterebbe un sistema diffuso di invasi per raccogliere l’acqua piovana e già avremmo in gran parte risolto il problema delle esondazioni e della siccità. Non si fa perché la burocrazia è ottusa e le resistenze sociali folli. Basterebbe anche riparare gli acquedotti e otterremmo il 40% di acqua potabile in più. Se poi volessimo esagerare potremmo pensare al riciclo delle acque depurate. Non mancano le idee, non mancano i soldi. Manca sempre, drammaticamente, la capacità di fare. Siamo, stupidamente, conservatori dell’inazione
5 maggio 2023
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