Il sionismo è come il Risorgimento italiano
Brani di un’intervista di Aldo Torchiaro al filosofo e semiologo Ugo Volli pubblicata su Il Riformista. Qui il testo integrale.
« Il terrorismo islamico piace alla sinistra (non solo quella più estrema purtroppo) perché sfida la civiltà occidentale, si oppone al capitalismo, al liberalismo economico, alla democrazia politica, all’America: perché è ‘rivoluzionario’. All’inverso, come diceva Spadolini, «la civiltà occidentale si difende sotto le mura di Gerusalemme».
«Il sistema dei media ha abbandonato da tempo la missione di informare il proprio pubblico, di riferire i fatti, belli o brutti che siano. Cerca invece di educarlo alle “idee giuste” secondo un modello sovietico o fascista, che ormai è quasi totalitario anche in Europa e negli Usa. Questo totalitarismo pedagogico è in larghissima parte di sinistra, quindi purtroppo nemico di Israele. È difficilissimo spiegare sui giornali o in TV anche le cose più elementari, come il fatto che Israele agisce per autodifesa contro un nemico che non è “il popolo palestinese” ma i terroristi armati e diretti dall’Iran; che ha fatto sforzi mai compiuti da altri per salvaguardare la popolazione civile, che non vi è nessun genocidio a Gaza, che anche ammettendo le cifre montate della propaganda di Hamas, 40 mila morti in un anno sarebbero l’1% della popolazione, molto meno dei costi di guerre come il Vietnam o l’Ucraina».
«Ho fiducia nelle forze dell’ordine. Francamente meno nella magistratura, che sta agevolando l’importazione in Italia di persone che finiranno con essere la base sociale del terrorismo, se non i suoi operativi. Sarei meno sicuro se dovessi ancora lavorare nella mia università, dove agli estremisti di sinistra dei centri sociali è concesso di impedire l’accesso, la parola e il pensiero di tutti coloro che non la pensano come loro».
«Israele nasce per realizzare il diritto del popolo ebraico a uno stato nazionale. Ha l’obbligo, come tutti gli stati, di difendere il suo popolo: è un fastidio solo per chi li vuole di nuovo sterminare. L’Europa non si è quasi accorta di Auschwitz prima del processo Eichmann, nel ‘61».
«L’antisionismo è l’antisemitismo di oggi. Dopo quello religioso, economico, razziale, da settant’anni si è diffuso un antisemitismo statale, l’antisionismo. Il sionismo è il patriottismo del popolo ebraico, un movimento analogo al Risorgimento italiano. Chi nega al popolo ebraico il diritto alla sua espressione nazionale, non lo fa perché non gli piace il movimento, ma perché non vuole che gli ebrei siano liberi e sicuri».
«I nostri nonni e bisnonni si illudevano di poter essere cittadini come gli altri, solo con un’altra religione. Le leggi razziste e poi la Shoah li hanno duramente delusi. La mia generazione si è illusa che il problema fossero solo le dittature fasciste, dunque che fosse sparito. Il presente mostra che l’accettazione degli ebrei è di nuovo assai precaria, soprattutto a sinistra. La differenza oggi è che se qualcuno cercasse di nuovo di sterminarci, avremmo una difesa nello stato di Israele. È questa è la ragione vera per cui tanti lo odiano: non solo è l’ebreo degli stati, ma lo stato capace di difendere gli ebrei».
«Il sionismo maggioritario era socialista. Dal ‘48 alla crisi economica degli anni ‘90 Israele è stato il solo stato democratico davvero socialista. I kibbutz, istituzioni collettiviste, erano la spina dorsale politica e sociale, non solo economica dello stato. Ma l’appoggio della sinistra cadde quando Stalin si accorse che Israele non era disposto a entrare nel suo blocco, voleva essere libero. Dal 1956 il PCUS cambiò cavallo e si mise ad appoggiare contro Israele i regimi arabi più infami e reazionari, dall’Egitto alla Siria. Tutta la sinistra si allineò e ha mantenuto questo orientamento. L’invenzione di un popolo “palestinese” (che non c’era, fino a quegli anni si definivano siriani meridionali o immigrati arabi o egiziani) avviene a Mosca negli anni ‘60. Per fare solo un esempio, il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen si forma all’università per stranieri di Mosca e si laurea lì con una tesi negazionista della Shoah».
«La premessa di ogni soluzione è che Israele vinca e che avvenga un cambiamento di regime in Iran, liberando le donne e i giovani dall’orrida dittatura clericale degli ayatollah. Così potranno svilupparsi di nuovo quegli accordi di Abramo che i terroristi hanno cercato di distruggere».
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