La violenza di Stato
La condanna della Corte Europea dei Diritti umani nei confronti dell’Italia per violazione del divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti in relazione all’assalto alla scuola Diaz durante i giorni del G8 di Genova nel 2001 colpisce il nostro Paese su un punto dolente. Non si tratta tanto dell’inspiegabile assenza, nell’ordinamento italiano, di norme che prevedano e reprimano in maniera adeguata il reato di tortura (una proposta di legge è all’esame della Camera) quanto di una distorsione dell’uso degli apparati dello Stato dedicati a tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza delle istituzioni democratiche.
Sia chiaro, proprio per la mancanza del reato di tortura le condanne per i fatti di Genova non sono state corrispondenti alla gravità dei reati commessi da agenti e funzionari di polizia. L’immancabile e provvidenziale (per gli imputati) prescrizione ha fatto il resto e oggi si può dire che, per il massacro di decine di persone inermi, non ha pagato nessuno. Anzi, i responsabili delle forze di polizia dell’epoca hanno fatto una gran carriera pur avendo fatto parte di quella cerchia di omertà che ha ostacolato l’azione della Magistratura.
Il problema di fondo è l’uso degli apparati dello Stato che dispongono dei poteri e degli strumenti che si possono riassumere nella parola “forza”. Ebbene questa “forza” nel passato troppe volte è stata usata per scopi di parte che nulla hanno a che vedere con la sicurezza dello Stato. Dall’alba della Repubblica democratica gli apparati hanno praticato una loro politica con l’uso della violenza a volte al servizio di quella ufficiale, a volte di gruppi di tendenze fasciste fuori dalla legalità, a volte di servizi segreti di altri stati, a volte in combutta con organizzazioni criminali.
Non a caso la violenza di Stato si è espressa in tanti modi diversi. Alcune delle stragi compiute nel nostro paese sono passate alla storia come “stragi di Stato”. La complicità, la copertura, il protagonismo in alcune stragi è documentato nelle indagini della magistratura durate anni ed ostacolate dagli stessi apparati che venivano indagati.
In Italia esisteva un nucleo di sovversivismo antidemocratico annidato negli apparati di sicurezza fin da anni lontani che operava con i mezzi dello Stato contro lo Stato. Ad alimentare questo tradimento delle istituzioni, questo attentato alla Costituzione stava una cultura militaresca di diretta derivazione fascista che anche in occasione dei fatti di Genova si è manifestata chiaramente, ma che ha avuto anche tante altre occasioni minori in anni più recenti per rivelare la sua persistenza.
Senza una bonifica degli apparati di sicurezza, senza un’epurazione degli elementi di dubbia fedeltà democratica, senza una battaglia culturale non si risolverà il problema. Negli ultimi dieci anni qualcosa è stato fatto, ma, forse, non abbastanza. Solo debolezza e ignavia della politica o anche convenienza?
CL
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