L’illusione che il male non esista
Lo spunto lo ha dato Paolo Messina con un post su facebook. Partendo dai fatti di Bologna, passando per la morte di Ramy giunge a mettere a fuoco una delle utopie più diffuse che ormai fanno parte della nostra cultura di europei: il male è solo un errore e quindi chi fa il male non ne porta tutta la responsabilità che va condivisa con la società e con lo Stato; non bisogna, quindi, infierire su chi fa il male perché è tutta questione di rieducazione e di recupero alla convivenza civile.
Corollario di questa convinzione è che non sta bene reagire al male con il male. Tanti sono i casi di fronte ai quali questa è la reazione immediata del benpensante occidentale. Soprattutto è male rispondere alla guerra con la guerra anche se si è dalla parte della ragione. La guerra è un tabù e molti inclinano a condividere il messaggio scritto su un cartello ad una marcia della pace: “meglio la resa della difesa, guerra mai”.
Dal piccolo al grande. Non è tanto il caso Ramy il problema quanto i casi di reazione armata di fronte ad aggressioni di soggetti che accoltellano i passanti. Lo sarebbe anche se ci si trovasse di fronte ad attentatori che lanciano la loro auto sulla gente. Se un agente di polizia o un carabiniere sparasse e uccidesse l’attentatore le reazioni e le conseguenze sarebbero le stesse che ci sono state per il maresciallo che a Rimini ha ucciso uno fuori di testa che accoltellava i passanti o il caso analogo di Verona. Imputazione, allarme e indignazione mediatica (“si spara a chi ha bisogno di aiuto” e giudizi simili), l’agente o carabiniere costretto a difendersi davanti ai magistrati pagando di tasca sua avvocato e periti di parte. Si dice che sono atti dovuti e che così l’indagato può difendersi. D’altra parte nessuno di quelli che giudicano e commentano sa cosa vuol dire stare per strada dovendo decidere in frazioni di secondo l’azione giusta da compiere per proteggere se stessi e gli altri. Non dovendo rischiare in prima persona è facile giudicare coi bilancini del giurista o del maestro di pensiero.
Emblematico è il caso delle manifestazioni di protesta che mascherano vere e proprie aggressioni contro le forze di polizia per contendere loro il controllo del territorio. Le “anime belle” che si oppongono al male la buttano sul terreno della libertà di manifestazione, ma basta guardare foto e video per capire che quelle manifestazioni sono solo una copertura ed è paradossale che i “sacerdoti” della democrazia non si allarmino quando c’è gente che si organizza per scatenare lo scontro. Ormai l’uso delle bombe carta lanciate addosso agli agenti è considerato normale così come petardi, e altri aggeggi che prendono fuoco addosso agli agenti. Una parte dell’opinione pubblica e quindi della politica, degli intellettuali e dei giornalisti non vuole riconoscere che l’uso della violenza di piazza serve per imporsi. Nel 1968 in nome di un’ideologia; oggi solo per opporsi al sistema distruggendo i punti di riferimento della stabilità (bus, vetrine, arredi stradali, sedi di uffici). La libertà di manifestare non c’entra nulla, qui il messaggio è semplice: “noi siamo i più forti e ci prendiamo la città”. Che poi questo prendersi la città consista nella libertà di azione dei centri sociali o in quella di trafficare droga o rubare nei quartieri popolari per gli immigrati che vivono di delinquenza non interessa alle “anime belle”. Anzi, il sindaco di Bologna Lepore invita i teppisti che hanno sfasciato la città in comune per dialogare. Se questo è l’approccio di sinistra conviene che molti diventino teppisti per avere ascolto.
L’esempio è quello delle banlieues parigine dove conta molto più la volontà dei gruppi che si ribellano alla polizia di affermare un loro potere in quei territori piuttosto che un generico disagio o mancanza di servizi o di lavoro. I benpensanti si rifiutano di riconoscere che c’è chi sceglie di rubare e di trafficare in droga perché vuole guadagnare molto denaro in poco tempo e vuole essere “potente” nel suo gruppo sociale e dell’integrazione e del lavoro o della scuola semplicemente se ne frega. Quella è roba buona per gente che rispetta la legge e che deve stare nel gregge mentre i “guerrieri” conducono le loro azioni.
La stessa paura del male salta fuori quando bisogna prendere atto che le guerre esistono e che non basta dirsi pacifisti per scansarle. A volte si viene presi di mira da un aggressore e bisogna sapersi difendere. Le “anime belle” vanno nel panico e ripetono ossessivamente che loro ripudiano la guerra. Funziona finchè c’è una superpotenza che ti difende con le sue armi. Se questa allenta la sua protezione si diventa prede di quelli che hanno come fine il male e che sono tanti. Per esempio gli imperialisti russi oppure gli islamisti che hanno come programma la cancellazione degli ebrei dal Medio oriente e la conquista dell’Europa per sottometterla all’Islam con una penetrazione che usa la libertà come leva per togliercela contando sulla nostra incapacità di reazione.
La storia di Israele è esemplare. Il conflitto dura da 80 anni e si basa sul rifiuto degli ebrei e di un loro stato da parte degli arabi e dei musulmani. Sono state scatenate guerre tra stati e guerre di terroristi contro i civili con attentati estesi anche oltre i confini della contesa territoriale (Monaco, dirottamenti aerei, aeroporto di Fiumicino,sinagoga di Roma), ma la comprensione dei benpensanti occidentali è sempre andata verso quelli che apparivano più deboli. Eppure si è sempre trattato di pochi milioni di ebrei su un territorio minuscolo circondati da centinaia di milioni di arabi e musulmani su un territorio enorme. Una propaganda martellante e fortemente ideologica (Palestina libera è una bandiera delle sinistre mondiali) ha portato a mettere Israele sul banco degli imputati e gli aggressori su quello delle vittime. Una magia del marketing politico e della comunicazione, insieme ad una tattica di guerra che usa i palestinesi come scudi umani ha portato fin dall’8 ottobre 2023 alla mobilitazione a favore di Hamas cioè della peggiore ideologia di morte che ci sia al mondo, l’islamismo.
E così torniamo al male. Scrive Paolo Messina “si suppone che responsabili di quel male siano sempre il governo fascista, i carabinieri, lo stato, il sistema e l’occidente colonialista….. Viviamo in un’epoca caratterizzata dal mito della sicurezza totale. Farsi male è proibito. Cadere con il monopattino è proibito, fumare è proibito. Figurarsi fare del male per fermare uno che fa del male…. ci deve essere una soluzione che consenta di mettere nelle condizioni di non nuocere decine di migliaia di terroristi dotati di finanziamenti illimitati, bene addestrati, super armati e nascosti in una rete enorme di tunnel senza fare un graffio ai bambini dietro i quali si nascondono. Ci deve essere per il semplice fatto che fare male ai bambini è male. E ci deve essere anche perché nessuno può dire che l’alternativa è non fare niente, lasciare quelle decine di migliaia di terroristi, con le loro centinaia di migliaia di missili, liberi di colpire quando lo ritengono opportuno civili innocenti. Eventualmente stuprando le donne, bruciando vivi i bambini, tagliando la gola agli anziani. Ci deve essere. Il male non esiste. Esistono popoli oppressi e non cittadini vulnerabili. L’unico male che esiste è quello di chi pensa di poterli fermare quando fanno del male”.
Claudio Lombardi
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