Perché l’esplosione della violenza in UK?

Giorni fa a Edimburgo abbiamo visitato una mostra sui minatori scozzesi e le loro comunità. Molto bella nel descrivere come in alcuni luoghi del paese tutto sia cambiato dopo la chiusura delle miniere e la sconfitta dello sciopero dei minatori nel 1984. Il carbone andava naturalmente abbandonato, non perché costava troppo quello estratto dai minatori britannici sindacalizzati ma perché inquina. Ma la privatizzazione e chiusura delle miniere fu una scelta politica della Thatcher: colpire una categoria sindacalizzata, colpire il lavoro collegato al settore pubblico. Poi venne la privatizzazione del resto, una lunga storia di deindustrializzazione e il passaggio a una economia trainata dalla City, dalla finanza e da Londra. Una scelta che si inaugura con il mezzo disastro dei Docklands di Londra e passa anche per condizioni fiscali speciali e incentivi ai miliardari a investire e trasferirsi (cfr russi e fondi arabi e loro mega investimenti nella capitale britannica). Questo processo ha trasformato e marginalizzato il resto del paese: il Pil pro capite di Londra è più del doppio di quello di Liverpool e Birmingham, il doppio di Manchester e Sheffield e queste sono città, non aree marginali). Il Regno Unito è tra i paesi Ocse quello con le disuguaglianze regionali più accentuate: “produzione economica, crescita della produttività, salari reali, ma anche gli alloggi, connettività e accesso ai trasporti, la spesa in R&S e gli investimenti, per non parlare dei divari nella base di competenze e nel capitale locale/regionale” (da paper di National Institute on Social Research).

Nella mostra sui minatori un intervistato diceva: dopo la miniera noi più giovani siamo passati ai rave e all’ecstasy. Diceva uno e un altro: la cultura delle comunità è passata dalla solidarietà all’individualismo (“pur di prenotare la tua vacanza calpesteresti qualcuno”).

In Scozia siamo anche passati per Fraserburgh, grande porto di pesca, cittadina di una tristezza che solo in UK, denti mancanti, bambini obesi, un pub ristorante albergo come luogo di ritrovo del sabato pomeriggio, un senso di decadenza. O meglio, una decadenza dovuta al fatto che le attività del luogo (un florido porto di pesca) non siano più centrali e remunerative: un quarto della popolazione riceve aiuti pubblici (10% in Aberdeenshire, 16% in Scozia, un quarto delle neo madri ha meno di 19 anni, tasso di mortalità under 40 alto, tasso di micro-criminalità alto). Guardando la mostra e camminando per Fraserburgh si coglie proprio quella idea di decadenza e sentirsi fuori dal mondo che deprime larga parte della società britannica (ed europea). Guardando i video delle violenze di questi giorni si vedono le stesse facce di Frasenburg, una già working class senza più arte né parte, vestita in tuta nera, senza denti, con tatuaggi di squadre di calcio.

È qui che si innesta la crescita dell’estrema destra e la sua capacità di mobilitare alla violenza, prendere voti. Già perché nonostante la enorme vittoria del Labour di Starmer, questi ha preso meno voti di Corbyn e il tracollo Tory è venuto travasando voti verso Reform Uk di Nigel Farage (4,4 milioni alle elezioni politiche di luglio). Il tracollo Tory è venuto nonostante l’inseguimento su tutti i temi che Farage e la destra dei media alimentano (xenofobia, islamofobia, nostalgia del passato). Se guardo le immagini di questi giorni, le facce che vedo sono quelle di una ex classe operaia, che ha condotto una vita dura, con un senso di comunità, con un benessere relativo fatto anche di una buona offerta di servizi pubblici.

Disagio, disuguaglianze territoriali e abbandono, capacità della destra di indicare la causa del declino in musulmani, immigrati, prima europei (ma la Brexit non ha cambiato nulla), ora africani e asiatici. Il lavoro online e sui media tradizionali che ha moltiplicato le notizie false e fomentato l’opinione pubblica ha prodotto il resto. Un lavoro capillare ma senza un centro, canali Telegraph e Whapp, meme, video tarocchi, notizie clamorosamente false come quella che a uccidere i bambini nella scuola di Southport fosse stato un musulmano. In forme diverse perché lo scopo finale è diverso (un attentato, una protesta violenta e visibile) somiglia al reclutamento di certi lupi solitari islamisti che frequentano canali Telegram e vengono poi contattati da reclutatori.

Nel 1996 dopo una strage in una scuola il paese si mobilitò e arrivarono leggi che restringono pesantemente la diffusione delle armi da fuoco, oggi la reazione è stata prendersela con il nemico esterno/interno inventato.

In questa parte della crisi c’entra molto il mancato controllo esercitato dalle piattaforme, X in testa, che ha riammesso ad esempio il propagandista di ultra destra Tommy Robinson (che da Cipro rilancia teorie del complotto) e Musk ha parlato di guerra civile inevitabile commentando le scene in UK. La reazione all’orrore di Southport, invece di essere di comunità è di polarizzazione, divisione, necessità di prendersela con qualcuno.

Per certi aspetti assistiamo a un 6 gennaio generalizzato e senza un leader riconoscibile che non sia quel Nigel Farage che però non ha lo stesso appeal di Trump su una parte di società esclusa, arrabbiata, impaurita e rancorosa e con una fascinazione per le armi, il fare gang (gli hooligans). In queste settimane, come già molte altre volte in campagne elettorali o crisi alla Gilet Jaunes, assistiamo a un mix di problemi sociali di lungo periodo, trasformazione della società e della geografia sociale ed economica e uso delle nuove tecnologie che non porta nulla di buono. La radice di tutto sta nella distruzione sistematica di quelle comunità determinata dalle politiche portate avanti dagli anni 80 in poi e dalla parallela apertura di tutto al commercio internazionale. L’effetto sono queste nuove comunità di autonominatisi “patrioti” che si sentono minacciati, sviluppano o replicano la logica della banda ultrà (una comunità appunto), sentono di doversi proteggere dal furto di lavoro, case, servizi e di dover tutelare la sicurezza (dai banditi e violentatori stranieri). Un bel rebus da affrontare, ma senza capire come si cambiano quei luoghi dimenticati, gli si restituisce senso di sé e un senso in generale, non se ne esce.

Martino Mazzonis (da facebook)

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