Una riflessione sulla didattica a distanza
Pubblichiamo alcuni estratti di un articolo di Sara Colombini, Giulia Piscitelli e Margherita Russo tratto da www.lavoce.info
La riflessione espone i risultati di un’indagine dell’università di Modena e Reggio Emilia che si è svolta tra l’8 aprile e il 2 maggio 2020.
La prima considerazione sottolinea che il principale vantaggio dello studio online è l’annullamento degli spostamenti. Tuttavia, “gli studenti lamentano il dover rimanere lontano da dipartimenti, biblioteche, aule studio e dalla socialità della vita universitaria”. Dispositivi elettronici e una connessione internet adeguati sono essenziali per accedere alle lezioni, consultare, scaricare e stampare i materiali didattici, studiare e sostenere gli esami, ma non sempre gli studenti li hanno a disposizione. Infatti, “il 3,3 per cento di coloro che ha risposto all’indagine non ha un dispositivo elettronico per lo studio, il 2 per cento ha solo uno smartphone per studiare o dispositivi obsoleti o ricevuti in prestito e quasi il 13 per cento ha una connessione scarsa o pessima: queste condizioni non consentono a tutti di seguire le lezioni a distanza, di scaricare le registrazioni o i materiali didattici e rendono difficile lo svolgimento di esami in remoto”.
Se si chi legge può pensare che questi dati non indichino una situazione di grave difficoltà occorre riflettere sul fatto che si parla di una delle regioni con il più elevato livello di benessere e di organizzazione infrastrutturale d’Italia. E ci si riferisce a studenti universitari vicini all’età adulta. Non è difficile immaginare che le percentuali indicate aumentino notevolmente in territori molto più svantaggiati e per classi di età più giovani quali quelle degli studenti delle scuole elementari, medie e superiori.
Passando al tema dell’insegnamento a distanza l’indagine rileva la maggiore sensazione di carico e di affaticamento dichiarata dagli studenti. Infatti, “passare molte ore davanti a un monitor per seguire le lezioni rende più pesante e faticoso prendere appunti e seguire le lezioni, anche per la difficoltà a rimanere concentrati. Se un terzo degli studenti ha abbracciato la didattica in remoto con entusiasmo, due terzi lamentano confusione e insofferenza, smarrimento e insoddisfazione e circa quattro studenti su dieci sono “sperduti”, insoddisfatti dell’apprendimento e confusi su come uscire da questa situazione”.
La didattica a distanza ha bisogno di un quadro di regole chiaro, chiedendo ai docenti di rispettarlo in modo rigoroso. A favore c’è sicuramente la maggiore flessibilità nella fruizione. “Per questo gli studenti suggeriscono il suo mantenimento anche dopo l’emergenza per chi studia e lavora”. Tra i limiti c’è l’assenza di interazione e alcuni “segnalano l’inefficace gestione delle lezioni online da parte dei docenti, i limiti della tecnologia e l’incertezza per lo svolgimento di esami, laboratori e tirocini”.
Anche in questo caso è facile immaginare quanto questi problemi siano amplificati nel caso dei cicli di studio che precedono l’università, nei quali la frequenza giornaliera è sempre stata la norma.
Un altro versante è quello dell’organizzazione dello studio. Pur trattandosi di studenti universitari circa il 40 per cento ha rilevato problemi nel modo di studiare. La chiusura delle biblioteche e l’assenza di interazione coi colleghi lo ha, infatti, reso più difficoltoso.
Una sorpresa sono le difficoltà dichiarate dalle studentesse intralciate nello studio per la condivisione dei ruoli di cura e gestione nella sfera domestica. A differenza degli studenti, le ragazze sembra siano ancora legate a ruoli femminili tradizionali, che le costringono a prendersi cura dei minori, degli anziani o degli ammalati.
L’indagine ha poi messo in luce alcuni aspetti specifici relativi all’affaticamento (postura, vista, concentrazione) dovuto al tempo trascorso davanti allo schermo.
Le autrici indicano quattro linee di azione per affrontare l’organizzazione della didattica a distanza.
La prima è quella della dotazione di dispositivi digitali e connessioni internet adeguati.
La seconda riguarda la flessibilità nell’offerta didattica. Le lezioni in remoto in modalità sincrona favoriscono l’organizzazione da parte degli studenti delle attività di didattica e di studio. Non deve mancare però l’accesso anche alle lezioni registrate.
La terza azione riguarda il possibile miglioramento della qualità della didattica. Progettare un corso in remoto richiede molto tempo e un’attenzione specifica ai temi e alle modalità di interazione con gli studenti. Qui ci sono ampie potenzialità delle tecnologie digitali da scoprire ed utilizzare.
“La quarta linea di azione riguarda le biblioteche universitarie, nella duplice funzione di spazi dove studiare e di materiali per studiare. Dall’indagine sugli studenti è emerso che le abitazioni non sempre hanno spazi adeguati allo studio. Nelle sedi universitarie è allora importante pensare ad aree, anche provvisorie, proprio a questo destinate. Nei comuni che non sono già sedi universitarie, le biblioteche e gli spazi pubblici potrebbero entrare nel circuito essenziale del sostegno agli studenti. In molti casi si tratterebbe di piccoli numeri, spesso gestibili su scala locale, in cui gli spazi pubblici riannoderebbero quel legame tra l’uscire di casa e lo studiare che ha formato intere generazioni di studenti”.
Problemi, indicazioni e linee guida utili per affrontare la questione della didattica a distanza sia in previsione di nuove limitazioni causate dai contagi sia come arricchimento ed evoluzione delle attività scolastiche. Il grande merito dell’indagine è affrontare la questione della didattica e dello studio a distanza in maniera concreta senza retorica o l’afflato di ingenua fiducia che ha circolato sui mezzi di informazione e nei commenti in questi mesi
Claudio Lombardi
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