Vicenda Marino, la festa dell’irragionevolezza
Cosa c’è di chiaro e di razionale nella vicenda Marino? Poco o nulla se la si considera con gli occhi di un cittadino comune. Marino è stato candidato dal Pd dopo essere stato scelto con le primarie. Dunque è partito con il consenso maggioritario di iscritti ed elettori del centrosinistra. È stato poi eletto direttamente dai romani. Oggettivamente la Giunta ha lavorato bene in diversi settori grazie alle capacità di alcuni assessori. La scoperta di “mafia capitale” l’ha toccata perché un assessore è stato arrestato insieme ad alcuni consiglieri comunali e a vari personaggi dell’amministrazione comunale.
Il caso è stato esaminato dal prefetto come prescrive la legge per decidere se il Consiglio andasse sciolto per infiltrazioni mafiose oppure no. Dopo attento esame (così attento che c’è una relazione ancora segretata) il giudizio del prefetto e, quindi, del governo è stato che non c’erano i presupposti per lo scioglimento. Dunque il sindaco e la giunta hanno superato bene il momento più difficile dei due anni e mezzo nei quali sono stati in carica. Come è noto la scoperta di “mafia capitale” ha portato a mettere in luce la situazione disastrosa di tutta l’amministrazione comunale e delle aziende dei servizi. Il senatore Esposito che è stato assessore ai trasporti per due mesi ha denunciato lo sbando e l’illegalità diffusa di Atac arrivando ad individuare in questa azienda un caso di malaffare molto più grave anche dal punto di vista finanziario di “mafia capitale”.
Ebbene nulla di ciò può essere imputato alla giunta Marino che ha, invece, oggettivamente cercato di agire per risolvere alcuni nodi cruciali dell’amministrazione della capitale lasciati marcire per anni e anni come quello dei rifiuti, dei trasporti o delle irregolarità di bilancio denunciate dagli ispettori del governo. Ovviamente il lavoro della giunta è stata oggetto di attacchi, di proteste e di azioni di boicottaggio da parte degli interessi toccati dalle sue decisioni. E i romani ne hanno patito le conseguenze.
Un ruolo speciale in tutta la vicenda spetta ai rapporti tra Pd e Marino. Che Marino non sia stato benvoluto fin dall’inizio dal Pd romano è cosa nota. Non lo sono i motivi però anche se il sistema di potere malavitoso sul quale è stata fatta un po’ di luce con le indagini della magistratura ha sempre visto coinvolti esponenti di quel partito. Ma accanto a questo esiste pur sempre un versante “tradizionalmente” clientelare e spartitorio del sistema di potere che si nutre di forzature delle decisioni politiche e amministrative per favorire interessi e gruppi protetti dai vari partiti. E che ha bisogno di “comprensione” e accondiscendenza da parte di chi sta nei posti di comando. È lecito ritenere che la giunta Marino non abbia voluto questo ruolo e che si sia contrapposta, consapevolmente o inconsapevolmente suscitando così, anche in questo caso, l’ostilità degli interessi colpiti. C’è poi la questione dello stile di Marino, del suo carattere, dei suoi limiti che è sicuramente la parte più criticabile della sua esperienza di sindaco, ma certamente non così grave da portare alla rottura totale dei rapporti tra lui e il suo partito.
Comunque, poichè il governo di Roma era nelle mani di una squadra fatta anche da persone di indubbio valore e potenziata su inpulso del Pd nazionale all’inizio dell’estate, con il Giubileo alle porte si era raggiunto un equilibrio che pareva destinato a durare. La vicenda degli scontrini esplode con la forza “dirompente” dei suoi 700 euro di spese malamente giustificate. Immediata è la drammatizzazione che punta, forse, anche ad un crollo psicologico di Marino.
Che puntualmente si verifica. Invece di replicare ammettendo gli errori e ridimensionando la portata della vicenda lo stesso Marino compie gesti clamorosi e sconclusionati prima restituendo i soldi di tutte le spese istituzionali e subito dopo dimettendosi. Bugie e ammissioni di colpe ben più gravi completano l’opera (il falso della sua firma dichiarato alla stampa). I toni si alzano ancora e sfiorano l’isteria quando la sua maggioranza e i consiglieri del suo partito non ammettono più repliche e spiegazioni esigendo dimissioni immediate e condannando il Comune di Roma allo scioglimento. Senza alcun momento di verifica nelle sedi istituzionali che spiegasse alla città le ragioni della chiusura della consiliatura.
Oggi Roma è commissariata e gli organi di governo eletti dai romani sono stati sciolti. Ovviamente tutto ciò è avvenuto per una scelta precisa e determinata del segretario del Pd nonchè Presidente del Consiglio Renzi le cui ragioni appaiono piuttosto oscure poiché è probabile che il Pd alle prossime elezioni non riuscirà a far eleggere un suo candidato e perché era pur sempre preferibile che la giunta (la giunta perchè non esiste solo il sindaco) Marino continuasse il suo lavoro fatto di cose ben più importanti degli scontrini e dei problemi caratteriali del sindaco.
Il Pd romano non ha dato né voluto spiegazioni, ma ha sentenziato che si è rotto irreparabilmente il rapporto tra Marino e la città. Forse non si sono accorti che la vera rottura è stata tra Partito Democratico e romani. Ma probabilmente se ne accorgeranno tra qualche mese
Claudio Lombardi
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