Il lavoro è una questione seria non un pretesto
Finalmente si è chiusa la parentesi dei referendum. Ci hanno fatto perdere tempo e denaro e servivano solo a fare una sceneggiata di opposizione. Il problema serio è che i lavoratori perdono potere d’acquisto. Basse retribuzioni significa depressione del mercato interno e motiva i giovani più preparati ad andarsene e tanti altri a rimanere in sospensione senza lavorare né studiare. Così centinaia di migliaia di posti di lavoro restano scoperti e il ricorso all’immigrazione è solo un modo per aggirare il problema. Aumentare le retribuzioni per legge non si può anche se un minimo è giusto stabilirlo perché il ricatto nei settori più poveri del lavoro è un freno allo sviluppo. Lotte sindacali e ricerca di una maggiore produttività sono fattori importanti per l’aumento delle retribuzioni. Produttività non è lavorare di più bensì meglio producendo un valore maggiore. Chi ci pensa? Innanzitutto gli imprenditori, poi il sistema della formazione (di base e permanente), quindi le politiche attive e le opere pubbliche infrastrutturali.
Il lavoro pubblico è il grande buco nero dove finisce buona parte della spesa pubblica, ma la produttività è bassa per l’inefficienza generale e per la tolleranza verso abusi, sprechi e cattivo utilizzo del personale. Molto difficile districare il groviglio di interessi che si è formato nel pubblico impiego e che impedisce una seria ristrutturazione. Eppure da qui può arrivare una spinta verso una maggiore produttività del sistema Italia.
11 giugno 2025


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