Cosa nasce dalla rabbia? (di Lorenzo Aiello)

uso politico della rabbiaNel De Oratore Cicerone scrive “La storia è vera testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità”. Avere una buona conoscenza della storia e degli eventi passati permette (almeno in teoria) di comprendere meglio il quadro storico che uno vive in quel momento. Con questa premessa vorrei fare una piccola analisi del contesto storico/politico nel quale ci troviamo e confrontarlo con altri periodi storici per cercare di farne notare delle somiglianze che forse a molti sfuggono.

Innanzitutto sugli italiani. Reduci dal vecchio motto latino “mors tua vita mea”, noi italiani l’abbiamo spesso trasformato nel meno cruento “fatta la legge trovato l’inganno”. Pare, infatti, una legge non scritta la nostra proverbiale insofferenza alle regole. Senza generalizzare basta andare a leggersi i numeri sui reati di corruzione, abuso d’ufficio, peculato e simili sostenuti da una robusta cronaca quotidiana di processi e arresti per vedere che effettivamente abbiamo un serio problema con la legalità.

Siamo anche sensibili (come altri popoli del resto) e ci appassioniamo a forti personalità carismatiche che si propongono invariabilmente come la salvezza e l’unico rimedio per i problemi del paese. Nel nostro passato ci sono vari esempi di cicli che iniziano sempre nello stesso modo. Io non ero che un piccolo bambino all’epoca, ma molti di quelli che leggeranno questo articolo sicuramente ricorderanno meglio di me la stagione 1992-1994, quella di Tangentopoli e Mani Pulite. Si scoprì la profonda corruzione della classe politica e qualcuno si propose come la guida di cui l’Italia aveva bisogno.

discesa in campo berlusconiNel 1994, nel famoso discorso della sua discesa in campo, Berlusconi così si presentava:

  • “Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare”;
  •  “La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica”;
  • ” I loro uomini sono sempre gli stessi, la loro mentalità, la loro cultura, i loro più profondi convincimenti, i loro comportamenti sono rimasti gli stessi”;
  •  “Ciò che vogliamo offrire agli italiani è una forza politica fatta di uomini totalmente nuovi”.

Tutte frasi contro una classe politica vecchia, corrotta e ormai inutile che andava completamente cambiata (chissà perché mi risuona nelle orecchie un più recente “Mandiamoli tutti a casa”?). Risultato? Vent’anni di berlusconismo.

Vogliamo andare più lontano nel tempo? Bene, siamo nel 1919-1922: crisi economica, disoccupazione, insoddisfazione e rabbia, un grave indebolimento delle istituzioni. Puntuale arriva il salvatore di turno: Benito Mussolini. Venti anni di fascismo, guerra e disastro totale per l’Italia.

demagogia m5sVeniamo alla situazione di oggi. Cosa ci troviamo ora in Italia? Insofferenza popolare verso le istituzioni, una classe politica vecchia e corrotta, con gli stessi personaggi che sono lì da anni a farsi gli affari loro. E, in questo contesto, arriva una nuova forza politica che si pone in netto contrasto con il passato, proponendosi come l’unica valida alternativa al marciume ed è guidata da un leader decisamente carismatico.

Nessun parallelismo e nessuna insinuazione sul Movimento 5 Stelle, questo voglio sia chiaro a coloro che leggono! Però è strano che cambiano i tempi, ma date certe condizioni la reazione è sempre molto simile. Sembra che ciclicamente in Italia ci sia bisogno di una netta rottura con il passato, di fare terra bruciata con quanto c’è stato fino a quel momento per lasciare spazio al personaggio carismatico di turno che promette cambiamenti radicali. E questo perché i sistemi politici non riescono ad autoriformarsi e la classe dirigente che si forma dalle rotture generate dai movimenti che vogliono fare piazza pulita del vecchio si rivela, prima o poi, peggiore di quelle precedenti (un po’ come i maiali nel racconto di Orwell “Animal Farm”). Insomma cosa ci aspetta nel futuro? Qualunque cosa sia, non resta che augurarsi che sia costruttivo e non mosso solo dalla rabbia.

Lorenzo Aiello

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