Errori e limiti di Papa Bergoglio

Di fronte al crogiolo ipocrita di panegirici e agiografie sulla figura di Papa Bergoglio, è anche giusto – anzi, direi doveroso – ricordare i fatti. I fatti non sono mai offensivi e non hanno né colore né ideologia; sono lì, neutrali ed autoesplicativi, ad imporsi nella loro perentoria oggettività.

Contrariamente a Papa Benedetto XVI, fine teologo e straordinario intellettuale che sarà ricordato come uno dei grandi Dottori della Chiesa cattolica, il gesuita Jorge Mario Bergoglio era un uomo semplice. Semplice, ma non ingenuo. La “furbizia bergogliana”, Papa Francesco l’ha manifestata sin dal giorno del suo insediamento. È stato un Papa che sapeva come piacere al grande pubblico e ai media, affamati di semplificazioni e riduzioni. Benedetto XVI parlava alla Ragione, per questo agli occhi del popolo risultava antipatico, freddo, distaccato, uno che utilizzava termini troppo complicati. Francesco, viceversa, parlava alla pancia, sovente con un linguaggio molto elementare e per questo era ben voluto dal popolo.

Il pontificato di Papa Francesco parlava la lingua della nuova teologia, non della liberazione, esecrata e contrastata fermamente da Wojtyła prima e da Ratzinger poi, i quali vi scorgevano giustamente l’innesto marxista sopra la parola di Gesù, ritenendo che la parola di Gesù non abbia bisogno di ulteriori innesti, che sia una pianta abbastanza rigogliosa di par suo. No: quella di Bergoglio era un’altra teologia, dicasi del Migrante, icona santa da venerare abbattendo i muri, super-categoria entro la quale fare entrare di tutto, perfino Gesù stesso e la sua famiglia. Anche loro erano migranti.

Nella visione di Papa Francesco, chiunque si opponga alla teologia del Migrante si trova prima di tutto in disaccordo con il Bene, il Bene che non è più il Verbo declinato secondo le Sacre Scritture, i Vangeli, ma il Bene dell’UE, della Open Society Foundations di George Soros, delle ONG e di tutta la stampa e i media di sinistra.

Del resto, non vi è nulla di cui meravigliarsi: fu proprio Bergoglio, infatti, ad affermare che con lui la Chiesa si sarebbe trasformata in un ospedale da campo, una grande ONLUS (https://www.quotidiano.net/…/papa-francesco-morto-kyarpfej). Chi all’interno della Chiesa si opponeva a questa nuova deriva progressista, erano i cattivi cardinali, insomma la Curia, gente perfida che crede che più che del Migrante bisognerebbe parlare del messaggio salvifico di Cristo, innanzitutto ai cristiani, certamente, ma non soltanto a loro, essendo questa da duemila anni la vocazione della Chiesa cattolica.

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Tutti devono entrare, c’è posto per tutti, soprattutto per i musulmani, senza che sia necessario porre loro domande scomode e imbarazzanti sui valori e le leggi degli ordinamenti democratici e liberali, se li condividono oppure no, se sono compatibili con l’Islam oppure no, se c’è qualche problema di integrazione e convivenza oppure no. L’importante intanto è accogliere, poi cosa accadrà si vedrà in seguito.

Bergoglio era un uomo che si è sempre portato appresso il peso della cultura da cui proveniva, quella sudamericana, fortemente ostile nei confronti degli Stati Uniti, e, per la proprietà transitiva, di Israele stesso, essendo quest’ultimo percepito come un prolungamento americano in Medio Oriente. A ciò va aggiunto il personale sprezzo nei confronti dell’ebraismo, mai particolarmente visto di buon occhio da Bergoglio, e non deve certo meravigliare se, per motivi essenzialmente politici, egli sia sempre stato ben attento e misurato nel non urtare la sensibilità islamica, anzi, ha sempre elogiato l’Islam, relativizzando più di una volta il radicalismo islamico, dato che numericamente parlando i musulmani sopravanzano smisuratamente gli ebrei, nonché per via dell’ascesa di molti Stati musulmani in generale (e arabi in particolare), sempre più potenti ed influenti nei delicati equilibri dello scacchiere geopolitico internazionale.

Altrettanto chiara l’ideologia politica che ispirava il defunto pontefice: comunismo di stampo marxista.

Infatti, durante l’omelia della Messa celebrata nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia in occasione della Festa della Divina Misericordia dell’11 aprile 2021 (https://www.repubblica.it/…/papa_condividere_proprieta…/), Bergoglio, commentando il passo degli Atti degli Apostoli in cui è scritto che “nessuno considerava come una proprietà ciò che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune”, affermò che condividere la proprietà non sarebbe comunismo, ma “cristianesimo allo stato puro“, aggiungendo altresì che la proprietà privata non sarebbe un diritto fondamentale da salvaguardare, bensì un diritto naturale secondario, destinato a soccombere rispetto al “principio della destinazione universale dei beni creati”. Ma la proprietà privata è – per definizione – una proiezione della libertà umana. Dunque, secondo Bergoglio, la libertà umana regrediva semplicemente a “diritto naturale secondario”, così legittimandone la sottomissione a politiche espropriative e di collettivizzazione dei beni, proprio come si è sempre fatto in tutti i regimi comunisti.

Nella Gaudium et Spes (Capitolo III, punto 71) promulgata da Paolo VI, invece, veniva al contrario posto l’accento sullo spirito del libero mercato, del lecito arricchimento individuale: “La proprietà privata o un qualche potere sui beni esterni assicurano a ciascuno una zona indispensabile di autonomia personale e familiare e bisogna considerarli come un prolungamento della libertà umana. Infine, stimolando l’esercizio della responsabilità, essi costituiscono una delle condizioni delle libertà civili. Nonostante i fondi sociali, i diritti e i servizi garantiti dalla società, le forme di tale potere o di tale proprietà restano tuttavia una fonte non trascurabile di sicurezza”.

In “Fratelli Tutti”, il suo messaggio di propaganda politica drappeggiato da enciclica (https://www.repubblica.it/…/papa_la_proprieta…/…), Bergoglio afferma che i confini nazionali e la proprietà privata “non sono dogmi”, che “il mondo è di tutti“, l’immigrazione (di ogni tipo, compresa dunque quella clandestina) deve essere favorita il più possibile, anzi occorrerebbe una governance sovranazionale che decida globalmente urbi et orbi. Il termine “minoranza”? Va abolito, in quanto “discriminatorio”.

La bestia nera di questo Papa non era soltanto “il mercato delle armi” (a suo dire la causa primigenia delle guerre nel mondo), ma il capitalismo in generale, quello stesso capitalismo che ha liberato milioni, anzi miliardi di individui dalla miseria, dalla fame e dalle malattie, dall’oppressione, dall’ignoranza e dall’arretratezza, pur con tutte le sue inevitabili storture. Che poi il socialismo e il comunismo, avendo cercato di sovvertire il capitalismo e sostituirsi ad esso, abbiano generato una quantità infinitamente superiore di miseria, povertà, ignoranza, distruzione e morte, poco importa. Ciò che importa è proferire sermoni populisti e demagogici contro il capitalismo, identificato come il grande nemico generatore di ogni nequizia del mondo. Al messaggio di redenzione di Cristo, Bergoglio ha sostituito il messaggio di chiara impronta marxista nella sua declinazione peronista e populista, la nuova “teologia della liberazione“, tanto strenuamente contrastata da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

La visione escatologica intramondana di Bergoglio era molto schematica, semplice e manichea: nell’orizzonte del Male si stagliano, naturalmente, il capitale, la ricchezza e la proprietà (quindi l’uomo bianco occidentale che le detiene), il Bene invece è rappresentato dal popolo umile, dagli ultimi, dagli oppressi, e quindi dal migrante, figura simbolica attorno alla quale Bergoglio ha accortamente eretto la propria teologia, e che sostanzialmente varrebbe ad identificare la figura di Gesù Cristo.

Da ultimo, ma non certo per importanza, Bergoglio è stato un Papa che ha deciso di schierarsi con i nemici dell’Occidente (e l’atteggiamento sempre molto poco equilibrato – per usare un eufemismo – nei confronti di Israele ne rappresenta il logico corollario).

Emblematiche le numerose dichiarazioni sulla guerra in Ucraina, per il cui scoppio la responsabilità era da addebitarsi, secondo Bergoglio, non all’aggressione russa e alle mire imperialistiche di Vladimir Putin, bensì “alla NATO, che ha abbaiato troppo vicino alle porte della Russia”, e la cui continuazione era da imputare “al continuo invio di armi all’Ucraina, che ostacolano il raggiungimento della pace”, e il vero coraggio, l’Ucraina, avrebbe dovuto dimostrarlo “alzando bandiera bianca e negoziando con l’aggressore”.

Spostandoci alla guerra in Medio Oriente, le dichiarazioni del defunto pontefice sono pure peggiori. Dopo aver definito più volte Israele “irresponsabile” e “invasore” (come la Russia in Ucraina), il governo Netanyahu “criminale”, dopo aver parlato del “cattivo sangue” e la “tendenza dominatrice” ebraica per via della “sproporzionalità” della risposta militare di Israele, della “crudeltà dei soldati israeliani, che provano piacere nel mitragliare i bambini palestinesi”, definendo la guerra stessa di Israele non come “guerra”, ma appunto come vendetta crudele, nel suo libro “La speranza non delude mai” (scritto insieme al giornalista argentino Hernán Reyes Alcaide e edito da Piemme), Bergoglio ha affermato, in merito all’operazione militare israeliana contro Hamas a Gaza, che bisognerebbe “indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica di genocidio formulata da giuristi e organismi internazionali”.

Affermazioni di una gravità inaudita, che ledono anche la pretesa che il Papa ha sempre avuto di rappresentare una posizione neutrale e super partes. Una posizione, quella del mediatore imparziale, che si è a tratti anche sforzato di far vedere rispetto alla guerra in Ucraina, solo che in quel caso non gli è riuscito per niente, mentre su Israele ha sempre avuto sin dal principio un atteggiamento molto poco equilibrato, e quelle sue ultime parole ne rappresentano il coronamento.

Da sempre Bergoglio ha dimostrato di essere molto interessato ad avere buoni rapporti con il mondo islamico, nonché con la Cina e più in generale con ogni Paese nemico dell’Occidente. Non a caso non ha mai proferito alcuna condanna ferma e risoluta nei confronti di Hamas (e al suo modo di condurre questa guerra) o del jihadismo islamico, mai un accenno allo Statuto di Hamas, mai dichiarazioni significative di solidarietà, non dico per Israele, ma, quantomeno per gli ostaggi.

Più in generale, durante tutto il suo pontificato, Bergoglio ha trascurato, anzi tradito, i fondamentali principi contenuti nella Dichiarazione Nostra Aetate, che hanno posto le basi delle odierne relazioni tra ebrei e cattolici, dopo secoli di accusa di deicidio da parte della Chiesa cattolica nei confronti degli ebrei, provocando profonde lacerazioni in quella faticosa tessitura del dialogo interreligioso ebraico-cristiano in corso da sessanta anni fino ad oggi.

Ma con la guerra a Gaza dopo il 7 ottobre 2023, la situazione si è molto aggravata fino a precipitare, anche perché Bergoglio, nella migliore delle ipotesi, voleva trattare gli ebrei come un popolo uguale a tutti gli altri, mentre nella peggiore (quella che personalmente ritengo più verosimile) non li ama affatto e gli stanno antipatici. Peccato che gli ebrei non sono un popolo come gli altri per i cristiani, ma sono la radice del cristianesimo. Gli ebrei siamo noi. E questo, Papa Francesco, non lo ha mai voluto capire (o accettare).

Versione ridotta di un post di Gioele Joel su facebook

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