Guerra all’Occidente: Putin lo aveva detto

Pubblichiamo la parte iniziale di un articolo di Christian Rocca direttore de Linkiesta (www.linkiesta.it)

Il 27 giugno 2019, esattamente cinque anni fa, apparentemente vivevamo in un altro mondo rispetto a quello attuale, perché non era ancora scoppiata l’epidemia globale di Covid, la Russia non aveva invaso l’intero territorio dell’Ucraina e gli ayatollah iraniani non avevano usato Hamas per scatenare una caccia agli ebrei che non si vedeva dai tempi della Germania nazista.

In realtà, il mondo era già a soqquadro per gli stessi motivi per cui ora è dominato dal caos generato dalle forze del male. Non era necessario essere raffinati studiosi di geopolitica per accorgersi del sommovimento in corso, anzi non aver mai sfogliato un numero di Limes avrebbe aiutato molto più facilmente a capire che la Russia stava affilando le armi del suo fanatico imperialismo millenarista, che l’Iran aveva ulteriormente radicalizzato la sua rivoluzione sciita sanguinaria e che l’America per effetto degli errori strategici di Barack Obama e dell’elezione di Donald Trump aveva smesso di fare l’America, ovvero aveva rinunciato al ruolo di garante e protettore del mondo libero e democratico.

Eppure, in quel preciso giorno di giugno di cinque anni fa, ci saremmo comunque dovuti svegliare tutti leggendo il Financial Times, la cui prima pagina ospitava un’intervista a Vladimir Putin il cui titolo, parole sue, era «Il liberalismo è diventato obsoleto».

Nell’intervista, il dittatore russo spiegava al pubblico occidentale ciò che da tempo aveva promesso ai sudditi russi: la rivincita dell’umiliazione subita a causa del dissolvimento dell’Unione Sovietica, il riscatto del tradizionalismo oscurantista ai danni del multiculturalismo globale, e l’ascesa del nazionalismo populista.

In pochi, allora, commentarono che di obsoleto semmai c’era la dittatura, il culto della personalità e il regime corrotto degli oligarchi, cioè il modello autoritario russo, ma quell’intervista di Putin, pur molto citata in seguito, fu sottovalutata e trattata come una qualunque dichiarazione di un politico italiano in un talk show. E invece Putin aveva spavaldamente dichiarato guerra al sistema liberale, delineando la sua strategia per sostituire i sistemi democratici con quelli autoritari, questa volta senza nascondersi, senza freni, anzi raccontandolo al giornale della finanza globale, e rivendicando l’ispirazione ideologica russa dei movimenti populisti che in Occidente criticano il modello di società fondata sullo stato di diritto.

Quell’intervista era un manifesto programmatico che avrebbe dovuto farci allacciare le cinture di sicurezza, e adeguare le difese comuni alla minaccia palese. Invece abbiamo fatto finta di niente, “mica Putin fa sul serio”, e c’è voluta l’invasione dell’Ucraina del 2022 per renderci (solo parzialmente) conto che quelle parole consegnate al Financial Times erano l’annuncio di un piano militare contro le ex colonie che si erano liberate, e un progetto politico contro l’Europa e l’America. Putin aveva capito che l’arretrata, corrotta e marcia Russia non sarebbe mai potuta diventare una società fondata sui diritti sul modello occidentale, quindi ha pensato fosse meglio provare a russificare l’Occidente, infiltrando e manipolando le opinioni pubbliche e approfittando delle difficoltà interne al mondo libero.

E così sono partiti i missili sui civili in Ucraina, le pressioni sulla Moldavia, le leggi russe contro la libertà di espressione in Georgia, le campagne contro i diritti civili in Ungheria e Polonia, e la diffusione del caos, l’ingegnerizzazione di fake news, gli aiuti ai partiti bipopulisti e rossobruni in Occidente.

Un piano strategico che ancora oggi molti faticano a vedere o a capire, non solo i portavoce consapevoli o no della propaganda del Cremlino, ma anche l’area liberal-democratica italiana che non ha messo al centro della proposta elettorale europea la più rilevante delle questioni del nostro tempo, ovvero l’attacco militare e politico al sistema liberal-democratico che, con tutti i difetti, tutte le ingiustizie e tutte le diseguaglianze che può aver creato, ha comunque garantito pace, libertà e prosperità per ottanta anni, confermando di essere la peggior forma di governo a eccezione fatta di tutte le altre sperimentate.

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