Il brodo di coltura della corruzione
Che la corruzione sia una delle più pesanti palle al piede dell’Italia lo sappiamo. Non tutti sono corrotti, però: una gran parte degli italiani è fatta di persone oneste e pulite. Magari non si vedono, non fanno notizia, ma vivono la loro vita al meglio secondo valori e principi giusti. Non tutti, però, riescono ad evitare di entrare in contatto con l’illegalità e con la corruzione in una delle sue innumerevoli manifestazioni.
Nulla di clamoroso, sia chiaro, soltanto situazioni nelle quali non rispettare le regole è la scorciatoia più semplice per risolvere piccoli (e meno piccoli) problemi della vita quotidiana. Forse non tutti ricordano cosa significava un paio di decenni fa svolgere una pratica al Catasto. Un’impresa da addetti ai lavori non da comuni cittadini. E se si voleva raggiungere un risultato (magari una semplice voltura per successione) si riceveva il consiglio di non fare da soli, ma di rivolgersi a chi conosceva i modi per accorciare i tempi e per non fare errori. A pagamento.
Guardiamo al Catasto come è oggi (almeno dal mio punto di osservazione romano). Chiunque può effettuare volture, registrazioni e ogni altro adempimento al modico prezzo di qualche ora (a volte di più, a volte di meno) di fila.
Che significa questo esempio? Che la corruzione e l’illegalità hanno bisogno di complicazioni normative e di inefficienza burocratica. Questo è il loro brodo di coltura. Accanto a pene severe bisogna porre tantissima attenzione a non costringere il cittadino ad umiliarsi di fronte alle burocrazie. Semplificare, imporre la trasparenza, impegnarsi per l’efficienza anche a costo di litigare con il corporativismo dei sindacati. Queste le basi di una seria lotta alla corruzione e all’illegalità. Fino a quando un onesto cittadino sarà costretto a chiedere per favore ciò che gli spetta per diritto sarà inutile inasprire le pene e emettere altisonanti proclami di lotta alla corruzione perché i corrotti si faranno scudo degli onesti
facciamo un altro esempio: l’ottima idea di fornire il 730 già compilato che si scontra con gli interessi dei commercialisti e dei patronati del sin dacato. A questo punto intervengono le norme della privacy che impediscono l’acceso al cittadino, con alcune follie come il cambio ogni trimestre della password e del PIN: io ritengo che Rodotà sia un grande patrono della burocrazia. Per carità , ci può essere che chi ha interesse alla privacy in materia , magari nei confronti dei creditori e del coniuge separato, ma la maggior parte della gente ha più interesse a non andare dal commercialista o dal patronato sindacale, che ti chiede sempre qualcosa oltre a quanto riceve dallo stato, e quindi la privacy potrebbe diventare una faccenda facoltativa