Mafia capitale: ancora una conferma
Almeno due capigruppo, presidente del consiglio comunale, assessore, i loro più diretti collaboratori, un capo dipartimento, un presidente di commissione consiliare, consiglieri comunali, il presidente di municipio di Ostia, un direttore di dipartimento, dirigenti di cooperative “rosse” e “bianche” (Lega Coop e la Cascina), un costruttore. Questo un elenco sintetico e ancora provvisorio degli ultimi arrestati ed indagati per “Mafia capitale“ l’inchiesta partita alcuni mesi fa e che già aveva portato all’arresto dei capi dell’organizzazione, Buzzi e Carminati.
Niente di sorprendente, ma solo una conferma che gruppi affaristico – criminali con agganci politici assolutamente trasversali erano arrivati a controllare il comune di Roma. Prima di “Mafia capitale” però bisogna ripensare a tutte le inchieste e agli scandali e microscandali che si sono susseguiti nel corso degli anni coinvolgendo anche solo singoli settori dell’amministrazione comunale e di singoli municipi romani. Il quadro disastroso che ne emerge dice che i gangli fondamentali dell’amministrazione che gestisce la capitale d’Italia erano sotto il controllo di bande criminali e che la corruzione era il metodo di governo normalmente praticato a tutti i livelli.
Significa che sono tutti corrotti? No, accadeva a Roma ciò che è accaduto su scala nazionale: la parte buona sistematicamente soccombeva di fronte all’intraprendenza, alla determinazione, all’organizzazione della parte cattiva. Con l’acquiescenza e la complicità di buona parte dei partiti politici molto disinteressati all’onestà di chi dava la scalata alle cariche e ai posti nelle istituzioni e molto disponibili ad accogliere e a promuovere chi portava voti e soldi. Soldi che molto spesso arrivavano da cooperative e imprese in affari col comune. Tanti soldi distribuiti a pioggia per comprare le persone, sia quelle con cariche politiche che con incarichi amministrativi, oppure anche solo per acquisire la loro amicizia magari con finanziamenti alle campagne elettorali.
Uno schema semplice tutto sommato già praticato nelle regioni dove mafia, camorra e ‘ndrangheta avevano scoperto che la strada più breve per arrivare a rubare i soldi pubblici era scendere direttamente in politica con i propri candidati e comprare i vertici delle amministrazioni regionali e locali, ma soprattutto, preparare il terreno disattivando i meccanismi della legalità e sostituendoli con quelli della corruzione e dell’arbitrio.
E i cittadini in questo quadro che posto hanno? Quello di clienti sicuramente a cui possono venir concessi favori dietro pagamento. O quello di rancorosi spettatori, consapevoli e impotenti a cambiare le cose.
Inutile dire che questo è il vero cancro che mina le basi dello sviluppo del nostro Paese perché, ormai, sembra di fare retorica tanto è ovvio.
La domanda che ogni cittadino comune si fa è sempre la stessa: “che fare?”. Pure le risposte sono sempre le stesse: impegnarsi nel proprio piccolo perché cambi la mentalità, perché siano additati al disprezzo i corrotti, perché siano premiati gli onesti. Non arrendersi, far sentire la propria voce, non rassegnarsi. Organizzarsi entrando nei partiti e nei movimenti cercando di cambiare la politica dall’interno. Tenere gli occhi aperti e pretendere che le informazioni circolino sempre
C.L.
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