Il concorsone dei navigator
In migliaia hanno attraversato la penisola per aspirare a uno dei 2.980 posti da “navigator”, il mestiere di chi dovrebbe trovare un mestiere agli altri.
Fin dai tempi spensierati di Totò e Peppino, il “concorsone” è un classico della commedia all’italiana. La parola evoca folle sterminate che sgomitano e si accalcano, aule troppo piccole, bigliettini e appelli a voce alta, risse nei corridoi, caldo asfissiante, svenimenti e speranze al vento. In alto, tra minacciose nuvole estive, il grande Moloch del “posto fisso” sghignazza e si prende gioco dei candidati sfiniti.
Nulla cambia, nel nostro incorreggibile Paese, anche quando l’antico concorsone serve a selezionare una figura nuovissima e misteriosa: il navigator. «Chi siamo, che cosa siamo venuti a fare, dove andremo», si chiedono dunque con esistenziale interrogativo i quasi ventimila aspiranti navigators che proprio in queste ore affrontano la prova nei grandi spazi della Fiera di Roma.
Ecco una transumanza che conosciamo da decenni: in migliaia hanno attraversato la penisola a bordo di grandi autobus di linea, vengono in gran parte dal Sud ma anche dal Nord, sono in maggioranza donne, sono giovani ma anche di mezza età, precari e disoccupati, laureati di tutte le risme. In sintesi: uno spaccato dell’Italia che conosciamo, incerta, stanca, alla ricerca di stabilità e piccole certezze.
Da questo esercito, come prescrive la legge, saranno selezionati i 2.980 fortunati. E dopo? qui le tavole della legge si fanno nebulose: i navigators dovranno aiutare i percettori del reddito di cittadinanza a trovare lavoro. Disoccupati diventati precari che aiutano disoccupati a diventare precari: «spingitori di spingitori di cavalieri», come spiegava Corrado Guzzanti, raccontandoci a suo modo il meccanismo bellico del medioevo.
C’è poco da ridere, purtroppo. «Qui dentro ho incontrato tanti concorsisti di mestiere», si sfoga un ragazzo. «È un concorso per disperati. È il fallimento dello Stato». Ma così vanno le cose, nel paese dei concorsoni. Uno ci prova, magari ci riesce. Prova a rispondere a cento domande con cento crocette in cento minuti: un miscuglio di discipline, dai classici della macro-economia, al marketing, alle nuove leggi del governo del cambiamento. Con tanta buona volontà e un po’ di fortuna diventi navigator, risolvi per un periodo il tuo problema, in attesa –chissà – di risolvere i problemi degli altri.
C’è sempre la vecchia anima dell’io speriamo che me la cavo, nel Paese futurista che affronta rombando i primi tornanti del terzo millennio. L’Italia di oggi è uno spettacolo, e il mondo – potete giurarci – guarda con stupore a questo miscuglio di prometeismo e arte di arrangiarsi: eroi e farisei. Scrive il New York Times: «Nell’attuale versione italiana della politica alla rovescia, il buono è denunciato come imbelle, gli esperti sono derisi e i più concreti dati economici vengono sottoposti ad analisi dadaiste».
In attesa della versione dadaista del reddito di cittadinanza restiamo al nostro concorsone, alle speranze allo scetticismo e ai tremori dei candidati, nelle aule affollate della Fiera di Roma: ce la spacciano per una rivoluzione, in realtà è solo la vecchia riffa di Totò e Peppino.
Flavio Fusi tratto da www.tessere.org
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