Il filo islamismo del 4 ottobre che aiuta il Jihad globale

La manifestazione da un milione del 4 ottobre è stata accompagnata da grandi applausi per il solo fatto che la gente sia “scesa in piazza”. Alcuni si sono spinti anche ad esultare per il “ritorno della politica”. Ma veramente manifestare è di per sé un fatto positivo? Non lo è perché dipende dal messaggio che trasmette. Che poi sia la sostanza della politica è una boiata pazzesca. Ma andiamo con ordine.

Nel caso delle manifestazioni per il conflitto di Gaza si è di fronte ad un’ondata emotiva che ha pochi precedenti in Italia. È il frutto di diversi fattori. In primo luogo l’opinione pubblica è stata preparata da una campagna di comunicazione orientata ad attribuire la responsabilità delle sofferenze della guerra solo ad Israele. Chi ha lavorato sull’informazione ha messo in secondo piano sia elementi di contesto e di storia che la  scelta di Hamas di puntare ad avere il maggior numero di vittime civili (obiettivo dichiarato esplicitamente dai capi) impostando la guerra come scontro tra un esercito potente e una popolazione inerme (ecco perché i civili come scudi umani e i tunnel come rifugio solo per i combattenti).

Il contesto è quello di una strategia dell’Iran e del radicalismo islamico, al quale Hamas appartiene, di far saltare gli Accordi di Abramo e quindi il riassetto del medio oriente che porti ad una pace duratura. Alla guerra scatenata da Hamas il 7 ottobre si sono, infatti, subito aggiunti Hezbollah, i gruppi della Jihad da Siria e Iraq e gli houthi dallo Yemen. Scopo di questo coacervo di organizzazioni islamiche combattenti è la conquista del medio oriente per instaurarvi un dominio islamico unificato senza frontiere statali. In realtà l’Iran, nella prospettiva di dotarsi di armi atomiche, aveva l’obiettivo di esercitare un’egemonia su tutto il mondo arabo/islamico circostante. Comunque nessuno dei soggetti che hanno provocato la guerra ha mai pensato ad uno stato palestinese accanto a quello israeliano.

Questa realtà, dimostrata dai fatti, è stata semplicemente ignorata dai media italiani che fin dall’8 ottobre hanno messo sotto accusa la reazione israeliana e le conseguenze della guerra. Il dramma umanitario è diventato un “assoluto” che ha cancellato ogni comprensione delle cause, dei protagonisti e delle soluzioni. Questa narrazione falsa e fuorviante è stata subito raccolta dalle organizzazioni islamiste e palestinesi nei paesi europei supportate dalla protesta dei tanti immigrati musulmani. Il movimento propal da subito si è mostrato aggressivo e ha ricevuto il sostegno delle organizzazioni antagoniste e della sinistra sindacale e politica.

Lo slogan che riassumeva il programma di Hamas e della galassia iraniana – “Palestina libera dal fiume al mare” – è subito diventato il filo conduttore delle manifestazioni e della comunicazione del movimento propal e dei suoi supporter. La storia è stata falsata per condurre l’opinione pubblica a convincersi dell’illegittimità della presenza di Israele. È la linea di Francesca Albanese che è diventata così popolare da trasformare in una celebrità una fiancheggiatrice dell’islamismo radicale che giustifica esplicitamente il terrorismo e ne loda gli effetti benefici per la causa palestinese.

Ignoranza, falsificazione della storia, fanatismo ideologico e disinformazione garantita dall’unica fonte riconosciuta dai media: Hamas.

C’è quindi poco da esaltarsi se la gente è scesa in piazza manifestando non per la pace, ma contro Israele e a favore non dei palestinesi, ma di Hamas.

Ogni manifestazione ha un suo tema di fondo che va oltre la convinzione di ciascuno dei partecipanti. Ci sono degli organizzatori, ci sono degli striscioni, dei cartelli, delle bandiere e degli slogan. Poi se uno è convinto di dover “fare qualcosa” e pensa di manifestare per la pace liberissimo di farlo, ma si sta solo facendo usare.

Bisogna chiamare i fatti con il loro nome. Sabato 4 ottobre è scesa in campo l’Italia filo Hamas con il sostegno di tutta l’ala sinistra dello schieramento politico e sindacale, delle università, degli intellettuali, dei media e di tutta la rete delle organizzazioni antagoniste più una forte partecipazione di giovani immigrati di seconda generazione. Gli scontri con la polizia (avvenuti in tutte le manifestazioni propal degli ultimi due anni, quali che fossero gli organizzatori) sono stati la dimostrazione della saldatura tra antagonisti e giovani teppisti delle periferie in una miscela distruttiva ed eversiva.

Perché? È casuale o c’è un disegno dietro? Secondo un intellettuale giordano, Dan Burmawi, sì.

“Quando si tratta di questo conflitto, ci sono solo due narrazioni.

La prima afferma che Israele è un occupante coloniale e che il mondo islamico sta nobilmente resistendo per “liberare la Palestina” e ripristinare la giustizia.

La seconda afferma che la guerra contro Israele non riguarda la terra, i confini o la giustizia. Fa parte dello stesso jihad islamico che ha marciato per 1.400 anni per stabilire il dominio di Allah sulla terra, la stessa jihad che ha invaso la Spagna, i Balcani, il Nord Africa, l’India e che oggi cerca di soggiogare l’Europa e l’Occidente.

Se si abbraccia la narrazione del colonialismo, ci si schiererà inevitabilmente contro Israele.  Chiederete all’Occidente di interrompere i legami con Israele. Simpatizzerete con i palestinesi in quanto vittime.

Rifiuterete il jihad come se finisse ai confini di Israele, e così facendo collaborerete con lo stesso movimento che lavora per cancellare la civiltà in cui vivete. Diventerete un soldato, consapevolmente o meno, nell’esercito che cerca di smantellare il vostro mondo.

D’altra parte, se accettate la narrazione del jihad, il quadro diventa brutalmente chiaro. Israele non è la causa del problema, ma la difesa in prima linea contro di esso.

La stessa ideologia che fa esplodere gli autobus a Tel Aviv alimenta gli uomini che accoltellano gli ebrei a Manchester, decapitano gli insegnanti a Parigi o complottano per rovesciare le libertà occidentali.

Una volta che si vede il conflitto per quello che è realmente, ci si rende conto anche che la sopravvivenza di Israele è legata alla sopravvivenza dell’Occidente stesso.”

Claudio Lombardi

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *