Insomma, l’emergenza climatica esiste o non esiste?

Ormai che esista un’emergenza climatica e che sia stata causata dagli esseri umani si avvia a diventare un dogma di fede. C’è qualcuno che ha persino proposto che il negazionismo diventi un reato. E già l’uso del termine “negazionismo” indica un’estremizzazione delle posizioni che esclude ogni confronto. Una deve essere la verità e chi la nega diventa un infedele da perseguitare. Così non va per niente bene. Innanzitutto bisogna capire senza tappare la bocca a nessuno. Per questo proponiamo stralci di un’intervista di Start magazine al primo firmatario in Italia del manifesto “There is no climate emergency” (https://clintel.org/italy/) prof. Alberto Prestininzi, ordinario all’università La Sapienza di Roma di Geologia Applicata e Rischi Geologici. Il testo integrale a questo link

D. Perché avete sentito l’esigenza di firmare un appello che afferma che non c’è un’emergenza climatica?

R. Perché i dati analizzati mostrano che “non c’è un’emergenza climatica”, ovviamente. Coloro che ritengono che ci sia questa emergenza ci portino dei dati e delle proiezioni sulla base di modelli predittivi che siano nella condizione di simulare i fenomeni passati, in questo caso il fenomeno del riscaldamento globale dovuto all’emissione di gas serra e, in particolare, della CO2. Questi modelli affermano che se si continua a emettere CO2 al ritmo attuale si arriverà a una situazione insostenibile e pericolosa per il pianeta. Tutto questo non è sostenuto da alcuna prova scientifica.

D. Perché?

R. Perché un modello tenta di ricostruire un fenomeno sulla base dei dati reali tratti dal passato. Noi abbiamo a disposizione tutta la storia della terra che ci dice come si è evoluto il clima in passato. Per tutte le variazioni passate disponiamo dei valori della CO2 presente in atmosfera, oltre ai valori della temperatura. Una volta che si costruisce un modello questo deve essere in grado di simulare ciò che è avvenuto in passato, se riesce a fare questo, allora possiamo utilizzare tale modello per cercare di fare delle previsioni future. Ma i vari modelli presentati non sono assolutamente in condizione di simulare ciò che è avvenuto nel passato. Quindi come possiamo pensare di utilizzarli per il futuro? La cosa grave è che l’Europa, e molti paesi occidentali, stanno assumendo importanti decisioni di carattere sociale ed economico che stanno rischiando di provocare gravissime crisi. Se tutto questo fosse circoscritto al mondo della ricerca cercando di studiare e capire cosa accade realmente a seguito delle immissioni di gas serra in atmosfera, nessuno potrebbe fare obiezioni. Ma la sfida scientifica ormai è stata sottratta all’Accademia, se ne discute solo nei talk show, ne parlano persone che non hanno contezza della questione scientifica; quindi, è diventata un argomento gestito esclusivamente dal sistema della comunicazione e dalla politica.

La nostra preoccupazione deriva dal comportamento dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) un’organizzazione intergovernativa affidata all’ONU, pertanto finanziata da tutti i governi che hanno aderito a questa iniziativa. L’IPCC emana dei Report periodici che sostengono la necessità di assumere decisioni economiche di grande importanza per salvare il pianeta. Lo fanno dal 1989 fornendo scadenze precise che terrorizzano le popolazioni “abbiamo dieci anni per salvare il pianeta”. Passati i dieci la giostra ricomincia con nuove minacce e nuove scadenze. Tutto ciò che hanno previsto non è avvenuto. Tutti i dati che abbiamo ci dicono infatti che il pianeta non è mai stato bene come adesso. La massa vegetale del pianeta, negli ultimi 20 anni, è aumentata del 30%. A me sembra che vi sia una volontà di confondere le acque anche utilizzando argomenti truffaldini, come quello di confondere il clima con l’inquinamento.

Certo, se noi continuiamo a sversare plastica negli oceani, o inquiniamo il suolo o le sorgenti d’acqua facciamo una operazione sbagliata e miniamo la salute dell’uomo, ma non produciamo effetti sul clima.(….)

I ragazzi che manifestano per il clima, manifestano anche per l’eccesso di uso di plastica, per i rifiuti che noi non riusciamo a gestire in maniera corretta. Tutte questioni che con il clima non hanno nulla a che fare. Il clima dipende da altri fattori planetari e astrofisici, dal sole ecc. Da cose che nulla hanno a che vedere con la presenza di sostanze tossiche. Io credo che la stragrande maggioranza di questi giovani non abbia livelli di conoscenza sufficienti per affrontare questo tema, ma certamente loro sono in buona fede.

D. Nel manifesto scrivete anche che l’aumento della CO2 è un fattore vantaggioso.

R. Certo, la CO2 è il cibo delle piante, è il gas della vita. La vita sulla terra è nata 3,5 miliardi di anni fa da quando apparvero le Stromatoliti, prime forme di vita apparse sul pianeta formate da strutture biocostruite che hanno la capacità di attivare i processi di fotosintesi. Ogni essere umano emette, respirando, un chilogrammo di CO2 al giorno. Con questo processo di respirazione riusciamo a svolgere i principali processi di sintesi degli zuccheri. Quindi la CO2 è fondamentale per la vita sulla terra. Invece nelle scuole rischiamo di trasferire false notizie, incutendo terrore per la presenza della CO2.

D. Eppure, l’accordo di Parigi impegna a ridurre le emissioni di gas serra dei paesi UE di almeno il 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

R. Ecco, anche se noiosi facciamo quattro calcoli aritmetici semplici a favore di chi sente la necessità di capire. I 27 paesi europei nel 1990 contribuivano all’8% delle emissioni globali (l’Italia 0,8%). L’Europa, infatti, nel 2021 ha prodotto 2,73 Gt rispetto al totale (2,73/33,9 = l’8%). Ossia lo 0,09% del contenuto in atmosfera che è pari a 3000 Gt (2,73/3000=0,09%). È accettato da tutti che della concentrazione atmosferica di 420 ppm (parti per milione) di CO2, l’uomo è responsabile della quota di 120 ppm.

Ridurre del 40% di 2,73 Gt come ci indica l’Europa porta a (2.73 0,4)=1,09 Gt. Questa riduzione inciderebbe a livello globale per lo 0,036% (1,09/3000) (egualmente se calcolato con il 40% di 0,09% = 0,036%). Se volessimo esprimere l’incidenza sulle quantità apportate dall’uomo, lo 0,036% di 120 ppm è 0,043 ppm = 43 ppb. (parti per miliardo) (43 ppb in 15 anni sono 3 ppb all’anno). Questa parte non è misurabile. Gli strumenti più sofisticati hanno una sensibilità di circa 1 ppm. A fronte di questa inutile operazione l’Europa fa pagare ai cittadini della Comunità, sotto diverse forme, mille miliardi l’anno. (…)

D. Che ruolo ha avuto l’informazione rispetto ai temi dell’emergenza climatica?

R. Tutto questo è stato veicolato con e attraverso l’informazione. Oggi se io mi mettessi col megafono a esporre le mie idee, giuste o sbagliate che siano, potrei raggiungere mille persone al giorno. Lei pensi che tutti i telegiornali aprono sempre con queste notizie. E non c’è giorno in cui tutto ciò che accade non viene addebitato al cambiamento climatico. La siccità, l’eccesso di acqua, le alluvioni sono sempre attribuite al cambiamento climatico. Il clima è sempre cambiato e l’aumento di temperatura che noi registriamo oggi, di un grado circa negli ultimi centocinquanta anni, è naturale ed è connesso alla “coda” dell’ultima piccola era glaciale 1500-1700, durante a quale c’è stato un abbassamento di temperatura che d’inverno faceva ghiacciare il Tamigi e la laguna di Venezia. Da quel momento in poi la temperatura ha iniziato a crescere. Noi siamo in questa coda, con piccole oscillazioni, perché nel 1970 la temperatura è diminuita, tra il 2000 al 2015 è rimasta costante. Queste piccole oscillazioni caratterizzano questa coda. Ma nulla hanno a che vedere con le alluvioni. Qui entriamo nel campo che io ho studiato, ho insegnato rischi geologici per tutta la vita e ho fatto specifiche ricerche sul tema Rischi, finalizzato alla prevenzione, Con centinaia di pubblicazioni ho dimostrato che le emergenze dovute alle frane o inondazioni, oltre che per i terremoti, accadono perché nel nostro paese non c’è prevenzione.

D. Anche l’alluvione in Emilia-Romagna deriva da una mancata prevenzione?

R. Certo. La verità è che l’acqua in eccesso che caratterizza le condizioni meteorologiche del nostro paese noi non riusciamo a regolarla, perché le inondazioni fanno parte del rischio idraulico e noi abbiamo le conoscenze per tenerlo sotto controllo. E come si deve fare? Attraverso procedure che si conoscono, che la scienza mette a disposizione, per esempio, quando noi abbiamo le piene dobbiamo fare in modo che ci sia la possibilità di catturare l’eccesso di acqua con i bacini di tenuta (dighe) e laminare le piene, fare in modo che l’acqua non superi certe portate nei corsi d’acqua altrimenti i fiumi esondano. E tra l’altro esondano perché noi abbiamo rubato parte del loro letto naturale per via della necessaria espansione urbana. Le immagini dell’Emilia-Romagna alluvionata parlano chiaro: era una palude ora antropizzata. Aggiungo che se noi raccogliessimo l’acqua nelle dighe, potremmo evitare le piene, creare energia idroelettrica e, soprattutto, in estate, quando da noi c’è scarsità di pioggia, disporre di quantitativi d’acqua infiniti. L’Italia è il paese più piovoso d’Europa, per conviverci dobbiamo solo mettere in atto questi accorgimenti che la conoscenza ha fornito in maniera molto precisa.

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