La difesa dell’Europa passa dall’Ucraina
Sintesi di un articolo di Nona Mikhelidze sul Foglio del 28 ottobre 2025
L’Ucraina deve essere trattata non come beneficiaria di aiuti, ma come alleato, la cui esperienza, tecnologia e personale possono contribuire a riformare la pianificazione della difesa europea.
Non contano i possibili negoziati fra Trump e Putin, non nuovi piani di pace. La verità è che la Russia non sta cercando una via d’uscita: si sta preparando a una guerra lunga. È evidente che c’è una decisione di Mosca a proseguire l’aggressione finché non avrà ridefinito l’ordine di sicurezza europeo secondo i propri interessi. Questo deve comprendere l’Europa perché non ha ancora riconosciuto pienamente che la guerra russa in Ucraina è una guerra contro l’Europa. Il conflitto non è solo tra Mosca e Kyiv, ma è la linea del fronte della sicurezza europea. Non si tratta solo di aiutare l’Ucraina, ma in gioco è la difesa dello spazio strategico europeo. Se non c’è questa consapevolezza si continuerà a restare in un’ottica di “aiuti” e non ci si porrà sul piano di adeguamenti strutturali a un ordine di sicurezza ormai trasformato dal progetto espansionista di Mosca.
Le implicazioni di una vittoria russa – o anche solo di un conflitto congelato secondo i termini di Mosca – andrebbero ben oltre i confini ucraini. Significherebbero la creazione di una vasta zona militarizzata ai margini dell’Unione europea, la normalizzazione dell’aggressione come strumento di politica estera e l’indebolimento della deterrenza in tutto il continente. Finché l’Europa non comprenderà che la difesa dell’Ucraina è inseparabile dalla propria, continuerà a reagire in modo tardivo e disorganizzato. Riconoscere la guerra come un problema europeo è l’unico punto di partenza realistico per pianificare la sicurezza continentale nel prossimo decennio.
C’è oggi una passività europea alimentata dalla fallace convinzione che le difficoltà militari di Mosca dimostrino la sua incapacità di costituire una seria minaccia per l’Europa. Lo si è detto più volte: se la Russia non è riuscita a vincere contro l’Ucraina in quasi quattro anni, come potrebbe affrontare la Nato? È un ragionamento pericoloso. La guerra ha rivelato le debolezze delle forze armate russe, ma anche la loro capacità di adattamento. L’economia russa è oggi in gran parte mobilitata per la guerra, la sua industria bellica ha ampliato la produzione, riorganizzato la logistica e trovato nuove catene di approvvigionamento.
Inoltre, la Russia non ha bisogno di invadere l’Europa con i carri armati per minacciarla. Può farlo con i droni e con strumenti ibridi: operazioni cibernetiche, disinformazione, attività per procura, e pressione sulle rotte energetiche e migratorie. Queste tattiche sono già state sperimentate sul teatro ucraino. È già avvenuto nel 2022 quando, prima dell’invasione, si negava la possibilità che accadesse. Bisogna riconoscere che la Russia è diventata più propensa al rischio, più esperta di guerra e meno vincolata e quindi imprevedibile nelle sue decisioni contro l’Europa.
C’è poi il drastico mutamento nei rapporti con gli Stati Uniti. Con Trump, hanno chiarito di non considerarsi più il garante automatico della sicurezza europea. Si tratta non di un disaccordo momentaneo, ma di un’evoluzione strutturale nella strategia americana.
Già oggi l’assistenza militare statunitense all’Ucraina è subordinata a concessioni politiche e finanziarie degli stati europei e della UE. La stessa deterrenza europea si svincola dalla protezione americana. Così il fianco orientale della Nato dipenderà sempre più dalle capacità europea mettendo a nudo tutti i suoi limiti – industriali, logistici e politici – ai fini di una vera autonomia strategica. Bisogna che l’Europa si convinca che è il tempo di organizzare una propria capacità di azione strategica e di difesa dei propri confini.
Mettendo in relazione gli elementi citati emerge un’unica conclusione: l’Europa non può più permettersi di considerare la difesa dell’Ucraina, la minaccia russa e il disimpegno americano come questioni separate. Fanno parte di un’unica trasformazione dell’ordine di sicurezza europeo. In questa prospettiva il sostegno all’Ucraina diventa un investimento per prepararsi a un confronto di lunga durata con una Russia votata alla guerra.
L’Ucraina non è più il paese bisognoso di sostegno, ma esterno alla sicurezza europea. È il partner più forte ed esperto che fa da argine alla Russia. L’Ucraina deve essere trattata non come beneficiaria di aiuti, ma come partner di sicurezza, la cui esperienza, tecnologia e personale possono contribuire a ridefinire e rafforzare la difesa europea.


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