L’illusione di aumentare il potere d’acquisto senza sviluppo
Parte iniziale di un articolo di Mario Seminerio pubblicato su www.phastidio.net
Che il governo Meloni fosse destinato a impiccarsi alla decontribuzione per redditi fino a 35 mila euro lordi annui (la nota soglia italiana sopra la quale inizia il benessere), è stato del tutto evidente da subito. Questa teoria di usare denaro pubblico per supplire a insufficiente sviluppo dei redditi di lavoro è molto amata nel Belpaese, da sempre. Peccato rappresenti l’ennesima scorciatoia che porta al muro. La stessa idea di usare decontribuzioni temporanee per sostenere i redditi più bassi durante uno shock inflazionistico, adottata dal governo Draghi, si è rivelata miope di fronte al sistema di incentivi perversi che anima la politica.
La decontribuzione, che Meloni punta a rinnovare, ha in sé i germi dell’autodistruzione e della destabilizzazione finanziaria del bilancio dello stato, costringendo ogni anno a indicibili affanni per trovare le risorse necessarie solo a confermare la misura, quindi senza produrre benefici aggiuntivi per gli interessati. I quali, anzi, finiscono a subire un danno nella misura in cui i rinnovi dei contratti collettivi, aumentando i redditi, possono far perdere tutta la decontribuzione anche con soli pochi euro di aumento in busta paga. È il noto fenomeno delle aliquote marginali effettive ripidissime, la scogliera da cui si lancia una classe politica di somari miopi. (Un approfondimento a questo link)
Anche quest’anno, mentre si attende la Nota di aggiornamento al DEF, a fine settembre, e l’elaborazione di una legge di bilancio su cui si abbatterà la stretta fiscale da ripristino del patto di stabilità, siamo a leggere le levate d’ingegno dei nostri disperati propagandisti. Come aumentare il netto in busta di chi ha meno di 35 mila lordi annui senza ostacolare i rinnovi contrattuali e magari addolcire il profilo assai ripido delle aliquote marginali effettive?
Unica certezza: per concretizzare queste meravigliose idee servono soldi, più soldi. Che vanno trovati con coperture vere, non certo a deficit sotto l’eterna voce “flessibilità”. E poiché la disperazione aguzza l’ingegno, nelle prossime settimane leggeremo di nuove meravigliose idee per trovare quei soldi. E qui pare che l’ultimo coniglio spelacchiato estratto dal cilindro della disperazione sia chiedere alla Commissione Ue di poter usare i fondi europei di coesione.
In particolare, servirebbero un paio di miliardi che, secondo gli spifferi ministeriali giunti alla stampa, potrebbero essere prelevati dal Fondo europeo di sviluppo regionale, FESR. Voi e il senso comune vi starete chiedendo cosa c’entri un fondo di questo tipo con l’aumento del netto in busta per alcune categorie di lavoratori dipendenti. Io pure
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