Bilanci regionali: irregolarità a gogò parola di Corte dei Conti
Scrivere articoli di denuncia è, purtroppo, sempre più facile che scriverne per raccontare esempi positivi, ma, insomma, ci tirano per i capelli a farlo. Bisogna precisarlo perché sennò le notizie di stampa qui di seguito riportate possono sembrare la solita litania denigratoria che trae continuo alimento dalla “specialità” del sistema di governance italiano.
Stavolta non si tratta di ostriche, regali e mazzette, ma di qualcosa di più serio perché riguarda l’ordinario funzionamento della contabilità regionale. La notizia è che la Corte dei Conti dichiara non credibili i bilanci di alcune regioni per irregolarità riscontrate nel giudizio di “parificazione”. Irregolarità varie, ma che, tutte insieme, gettano parecchie ombre sull’affidabilità delle amministrazioni regionali.
Il controllo della Corte dei Conti sui bilanci regionali è una novità che risale ad una norma di fine 2012. Niente confronti, quindi, con gli anni precedenti, ma una sola considerazione: sono anni che il modo in cui vengono utilizzati i soldi pubblici nelle regioni è sotto i riflettori; se si scoprono delle irregolarità sui bilanci del 2013 allora è lecito pensare che nel passato la situazione fosse molto peggiore. E il passato si sconta nel presente e nel futuro. Giusto?
Il quadro generale che esce da questa “prima volta” è sconsolante visto che non c’è quasi Regione che ne esca indenne cioè potendo affermare che i suoi conti sono regolari.
Mica male come notizia nel momento in cui è vivissimo lo scontro con il governo che chiede un taglio di 4 miliardi delle spese regionali che le regioni stesse dichiarano di poter fare solo tagliando i servizi!
Leggendo l’analisi pubblicata oggi dalla stampa si può scegliere fior da fiore senza distinzione tra regioni del Nord e del Sud così da sfatare il luogo comune che vede nelle seconde la sede di ogni vizio ed irregolarità.
Sono citati i casi del Piemonte, della Campania, della Liguria, del Veneto, delle provincie autonome di Trento e di Bolzano, della Toscana, del Friuli-Venezia Giulia, della Sardegna, della Sicilia e della Calabria.
Ovviamente si tratta di casi ognuno diverso dall’altro, in un crescendo che fa registrare i suoi picchi in Sardegna, in Calabria e in Sicilia laddove diventa normale l’approvazione di leggi senza alcuna copertura finanziaria o il finanziamento di aziende partecipate senza contratto di servizio cioè a discrezione della politica regionale.
Che dire? Nulla di nuovo perché ormai tutto è stato già detto. Sicuramente il federalismo all’italiana ha fallito il suo scopo che era quello di avvicinare ai cittadini le sedi istituzionali e amministrative nelle quali si decidevano le spese e i prelievi fiscali. Nel caso delle regioni italiane ad un massimo di autonomia si è unito il massimo di irresponsabilità nell’uso del denaro pubblico. Di fatto ciò ha portato al trionfo delle irregolarità e degli abusi ed ha selezionato politici e amministrazioni regionali abituati a violare ogni regola.
Ora i nodi sono al pettine e a nulla serviranno le forzature dei limiti di bilancio imposti dalle burocrazie europee se non si metterà mano ad una rivoluzione interna che fermi la sistematica distruzione di risorse che alimenta il parassitismo di un metodo di governo clientelare che vive solo nel giorno per giorno galleggiando sui problemi.
Meglio capirlo per tempo che vivere nell’illusione che si possa continuare così
C. L.
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