Una diga è a rischio: la sanità pubblica

Da anni si è sottovalutato il rischio che il Servizio Sanitario Nazionale crollasse. La pandemia ha dimostrato che è un sistema fragile. La prima crepa è nella medicina del territorio: scarsa per numero di medici, disponibilità oraria, tipologia delle prestazioni ed eccessiva nel numero degli assistiti, non riesce a fornire un’assistenza che non sia un mero passaggio di carte. In questo modo la pressione si è progressivamente spostata sui pronto soccorso che sono diventati l’altra grande crepa del sistema. Il passaggio dalla turnazione che coinvolgeva tutto il personale ospedaliero ai dipartimenti di medicina d’urgenza ha spostato sugli specialisti carichi di lavoro sempre più pesanti e con retribuzioni inadeguate.

La fuga dai pronto soccorso si sta ormai estendendo a tutto il personale medico ed infermieristico. Frenare l’emorragia di personale e assumerne di nuovo è ormai un’emergenza. Ci si aspetterebbe che il governo mettesse la sanità pubblica ai primi posti della sua agenda in primo luogo con un drastico incremento delle retribuzioni per trattenere il personale e favorire il ritorno di chi si è dimesso. Già oggi gli italiani spendono circa la metà di quanto stanziato per il Fondo sanitario nazionale (comunque pari a un misero 6,2% del Pil) in sanità privata e molti evitano di curarsi. A cosa vuole arrivare il governo prima di agire?

21 giugno 2023

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