Uscire dalla radicalizzazione palestinese
La Striscia di Gaza, sotto il controllo di Hamas, è oggi uno dei luoghi dove l’odio è istituzionalizzato.
Dottrina teocratica e jihadista: Hamas è un ramo ideologico della Fratellanza Musulmana, con un programma esplicitamente genocidario verso Israele (vedi Carta del 1988, solo parzialmente modificata).
Educazione all’odio: I programmi scolastici dell’UNRWA, gestiti con fondi internazionali, insegnano la negazione dell’esistenza di Israele e glorificano il martirio.
Strategia militare cinica: uso di civili come scudi umani, ospedali e scuole come basi operative, tunnel per infiltrazioni terroristiche. Questa non è resistenza, ma una forma organizzata di teocrazia militarizzata.
Islamismo radicale come neocolonialismo?
Hamas non rappresenta una lotta di liberazione nazionale ma un progetto ideologico panislamico, sostenuto e finanziato da potenze esterne. L’Iran fornisce armamenti, addestramento e strategia. Il Qatar finanzia propaganda, stipendi e welfare per mantenere il consenso. La Turchia e ambienti islamisti globali legittimano Hamas come attore politico, contro ogni principio democratico.
Domanda centrale: perché questo progetto egemonico non viene mai definito “colonialismo”?
Il colonialismo viene denunciato solo quando è occidentale, mentre si ignora la violenza culturale e politica di attori non occidentali. L’islamismo radicale ha colonizzato l’immaginario palestinese, bloccando qualsiasi via laica, pluralista o di compromesso.
Una via d’uscita: Denazificare Hamas. La pace tra Israele e una futura leadership palestinese è possibile solo se si estirpa il paradigma jihadista. Ma, cosa significa concretamente “denazificare” Gaza?
- Smantellare Hamas e Jihad Islamica con una coalizione regionale (Egitto, Giordania, Arabia Saudita), magari sotto supervisione ONU o araba.
- Riforma educativa: abolizione dei programmi scolastici fondati sull’odio, introduzione di curricoli neutri e pluralisti.
- Una nuova autorità amministrativa: supportata da potenze moderate.
- Sostituzione dell’UNRWA con un’agenzia che tratti i rifugiati come in ogni altro contesto mondiale.
Il doppio standard occidentale. Perché un simile programma – che altrove è stato sostenuto – viene rifiutato nel caso palestinese? Timore dell’accusa di “colonialismo” anche quando l’intervento servirebbe a liberare una popolazione da un’ideologia oppressiva?
Influenza ideologica in Europa. Parte della sinistra occidentale ha adottato acriticamente la narrativa “resistenziale” di Hamas, trascurandone la natura antidemocratica e regressiva.
Utilizzo strumentale del concetto di “resistenza”che diventa uno schermo per giustificare ogni forma di violenza e fanatismo.
Libertà e verità. Non si potrà mai parlare di pace reale se non si affronta il nodo ideologico di fondo. Hamas è un ostacolo alla libertà palestinese, non il suo strumento.
La lezione storica è chiara: solo quando un popolo rinuncia a un’ideologia fondata sull’odio e sull’eliminazione dell’altro, può iniziare un percorso di autodeterminazione, coesistenza e progresso.
Senza queste basi è illusorio parlare di pace. È dunque così impensabile affermare che Israele non può permettersi il lusso di avere ai suoi confini — o al suo interno — un’identità politica che nega la sua stessa esistenza?
Sto dicendo che, se vogliamo davvero la pace, serve un intervento culturale e internazionale profondo, come accadde con la denazificazione della Germania dopo il 1945. Chiamarlo “colonialismo” è un paradosso.
Serve un progetto di riconciliazione che parta dalla costruzione di un’identità palestinese laica, civile, fondata sulla coesistenza e non sull’odio. Solo allora potrà nascere una speranza. Non continuando a demonizzare Israele.
Roberto Damico (da post su facebook)
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