Violenze sessuali, molestie, approcci

Ancora non accenna a placarsi la tempesta mediatica innescata dal caso del produttore cinematografico Harvey Weinstein. Forse che al centro dell’interesse dell’opinione pubblica sulle due sponde dell’oceano sono le violenze sulle donne e lo stato di oppressione nel quale vengono tenute in Asia, Medio Oriente ed Africa? Si parla degli stupri e delle donne bruciate vive in India? O delle mutilazioni sessuali che flagellano le bambine in Somalia e in molti altri paesi africani? O forse della privazione di diritti in Arabia Saudita? O, almeno di vere e proprie violenze sessuali?

molestieNiente di tutto questo. Si parla della pacca sul sedere data trent’anni fa da Dustin Hoffman a una sua collaboratrice, degli approcci sessuali di Kevin Spacey, delle malefatte di Weinstein e adesso anche delle avances di Fausto Brizzi passando dalle battute più o meno volgari di esponenti politici nel Regno Unito e dall’esibizionismo di un popolare attore comico negli Usa.

C’è poco da scherzare perché la tempesta ha travolto le carriere di tutti gli uomini coinvolti e si è arrivati alle dimissioni del ministro inglese della difesa reo di aver toccato le ginocchia molti anni prima ad una giornalista e, purtroppo, al suicidio di un politico gallese sconvolto dalle dicerie sul suo conto.

Ovviamente ogni caso è un caso a sé. E così si passa dai ricatti di Weinstein agli approcci sessuali di Kevin Spacey, fino agli sfioramenti e ai contatti fisici e alle proposte più o meno indecenti. In tutti i casi però si è scatenata un’ondata di discredito che non è andata tanto per il sottile. Nei titoli di giornale le definizioni di “malato di sesso”, “porco”, “maniaco” sono state distribuite senza andare tanto per il sottile. D’altra parte l’opinione pubblica è sempre  affamata di novità, di pettegolezzi e pronta a schierarsi contro qualcuno possibilmente ricco e famoso.

caccia alle stregheOrmai è psicosi collettiva e chi finisce nel tritacarne delle rivelazioni non riesce a difendersi perché ogni accusa è una condanna secondo un metodo ben collaudato da anni. e così tutto si mischia: violenze, approcci, volgarità varie, proposte galanti mal gestite. Tante donne scavano nella memoria alla ricerca di un episodio, di un momento nel quale abbiano provato la sensazione di essere molestate. Va bene tutto purchè l’uomo tirato in ballo abbia un nome eccellente.

C’è forse qualcosa di male a rievocare episodi spiacevoli del passato? Nessuno dubita della buona fede di tante testimonianze, ma ce ne sono troppe che puzzano da lontano di ambiguità e che sono risibili se non proprio inconsistenti. Ed infatti ci sono state donne (Nancy Brilli, Monica Bellucci e altre) che lo hanno fatto notare. Tanto interesse tradisce una buona dose di ipocrisia perché spaccia per drammi episodi minori che attirano soprattutto la curiosità dell’opinione pubblica.

marketingTutto sommato la spiegazione è semplice: la caccia alle streghe serve per fare marketing. Nel mondo odierno la merce più preziosa è la visibilità e i media e il mondo del giornalismo e dello spettacolo di questo vivono. E come si fa a rendersi visibili? Un modo ben collaudato è scoprire scandali e suscitare l’indignazione. Da anni siamo tutti immersi in una continua caccia ai colpevoli. Di cosa? Di tutto. Qualunque problema o disfunzione diventa l’occasione per andare a caccia di complotti e colpevoli. Non concepiamo più di poter affrontare una questione senza esacerbazione e rabbia. I vari movimenti populisti di questo si alimentano. Trump negli Usa e il M5S in Italia dimostrano che non si tratta di poca cosa.

La triade scandali, indignazione, rabbia funziona facilmente specie se tocca temi sensibili sui quali è facile schierarsi perché ostacoli reali non ci sono. Chi è che si può mettere dalla parte delle molestie? Sacrificando un paio di registi, un produttore, un politico qualcuno avrà l’impressione di aver fatto qualcosa di concreto a favore delle donne. L’impressione che chiude il cerchio, il lieto fine che corona ogni storia inventata. La violenza sulle donne però è un’altra cosa  

Claudio Lombardi

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