Terremoto: le due facce dello Stato e della politica

Partendo dal terremoto si possono fare tante riflessioni. Una di queste ci porta ad interrogarci sulla doppia faccia della politica, vista dai cittadini e praticata nelle istituzioni. Lo spunto ce lo fornisce un articolo di Luigi Di Gregorio pubblicato dal sito stati generali.com nel quale denunciava i danni provocati alla politica dai mezzi di comunicazione di massa.

Afferma Di Gregorio che “la necessità che i mass media hanno di stare sul mercato, “vendendoci” le notizie – spinge giornali e tv a trasformare ogni avvenimento e ogni settore della società in un mix di sensazionalismo, personalizzazione, banalizzazione, voyeurismo, gossip. In una parola: spettacolo”. Di qui la prevalenza delle storie individuali dei singoli candidati sempre più simili ad eroi “chiamati a sobbarcarsi imprese sempre più impossibili”.

leader al comandoIl problema è che così è cambiata la percezione della politica da parte dei cittadini, “buona parte dei quali ritiene che un singolo può governare qualunque cosa, praticamente da solo, pur non avendo idea di ciò che sta per governare. La complessità è sparita, le competenze pure. Tutti possono fare tutto, basta che siano onesti”.

Chiaramente Di Gregorio non intendeva per nulla ignorare l’importanza dell’onestà nel comportamento dei politici, ma soltanto sottolineare i danni di una semplificazione che portava a sottovalutare la complessità nella quale è immersa la decisione politica che non può mai essere frutto della forza di una singola personalità.

Il fatto è che oggi “l’elettore informato può sapere tante cose, politicamente insignificanti ma utili a creare onde emotive che influenzano l’esito delle elezioni. E’ un “nulla-sapiente” convinto di sapere tante cose, grazie ai “nulla-sapienti” (ma presunti e convinti tuttologi) che pontificano soluzioni “semplici” su tutte le reti, suscitando bassi istinti prima che ragionamenti”.

Sappiamo, perché è stato detto innumerevoli volte, che “la politica, non solo in Italia, si è progressivamente vaporizzata e ha messo radici, letteralmente, nei palazzi perdendo contatto con la società”. Il ragionamento di Di Gregorio prosegue, ma fermiamoci qui.

politicaDa una politica che vive nei palazzi del potere come minimo è lecito aspettarsi profonda conoscenza della macchina pubblica e controllo. E, invece, no. Cosa ci ha mostrato la vicenda del terremoto ad Amatrice e dintorni? Disattenzione, disinteresse, trascuratezza rispetto alle esigenze della collettività e mancanza di controllo su quello che fanno i numerosi livelli decisionali ai quali sono demandate la preparazione e l’attuazione delle decisioni politiche.

Finanziamenti predisposti e non utilizzati o utilizzati parzialmente e male. Regolamentazioni carenti, burocrazie attente al loro ruolo e al formalismo degli atti, ma non ai risultati, assenza di controlli. Un mix micidiale di inefficienza, pressapochismo e lontananza dalla realtà incapace di gestire l’ordinario e che si riesce a mettere da parte soltanto nell’emergenza.

Nell’epoca in cui imperano i sondaggi ai quali guardano i leader e i loro collaboratori sembra che la politica abdichi al suo compito per inseguire le pulsioni che si agitano nella società al solo scopo di averne il consenso, ma, di fatto, lasciando la soluzione dei problemi ad apparati spesso autoreferenziali.

terremoto AmatriceInutile ripetere analisi e descrizioni che abbondano in questi giorni su giornali, reti Tv e siti internet. La realtà è quella di un pericolo certo ed imminente semplicemente ignorato e considerato meno importante di tanti altri aspetti di immagine e di ruolo che alimentano un dibattito pubblico distaccato da una reale scala di priorità.

Dunque tra come i cittadini vedono ciò che si agita nella politica e come poi questa viene praticata c’è una grande distanza. Ovviamente quando si parla di politica si parla di tutti i suoi livelli, dal consigliere di un piccolo comune al vertice del governo nazionale. A volte si ha la sensazione che le responsabilità – e ciò è emerso anche nel caso di Amatrice – vengono subito cercate ai massimi livelli quando, più logicamente, gli immediati responsabili di scelte errate sul territorio sono regioni e comuni e i loro apparati amministrativi.

partecipazione dei cittadiniDue parole vanno dette anche sui cittadini. Anche nelle zone a massimo rischio sismico non risultano movimenti di lotta o iniziative collettive per esigere la messa in sicurezza degli edifici. Prima del terremoto, non dopo. A cosa pensavano quei cittadini che sono rimasti vittime della trascuratezza e dell’incuria? Erano anche loro attratti dalle polemiche politiche nazionali e locali? E come hanno fatto ad ignorare il pericolo che incombeva su di loro? L’interesse generale a mettere in sicurezza gli edifici questa volta coincideva con la loro stessa vita, ma loro avranno pensato che qualcuno altro avrebbe dovuto prendersene cura. Ecco bisogna sperare che dalla tragedia nasca una nuova consapevolezza che porti ognuno a sentirsi parte di una comunità e a considerarsi parte attiva nell’individuazione e nella soluzione dei problemi. Perché se i politici vengono meno ai loro compiti, se le burocrazie pensano al formalismo dei loro atti i cittadini devono sentirsi i padroni di casa della Repubblica cioè dei comuni, delle frazioni, dei quartieri, dei municipi, delle aree vaste, della nazione. In definitiva sono loro l’anima dello Stato e devono darsi da fare, essere cittadini attivi

Claudio Lombardi

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