Alla ricerca dello sgambetto al governo

Mancava giusto un pretesto per mettere in crisi il governo e dal cielo è piovuto “l’affare” Almasri. Su questo si sono appuntate le attenzioni sia internazionali che nazionali interessate a colpire Giorgia Meloni. La CPI innanzitutto i cui imperscrutabili disegni si svolgono all’ombra della ricerca di reati che si inseriscono nella complessa trama dei rapporti tra stati come se questa creatura dell’idealismo occidentale potesse ergersi a tribunale dell’umanità. Non lo è e oltre che inutile rischia di essere dannosa. Ci sono poi stati e forze politiche che li governano interessati a sminuire il ruolo delle destre e quindi incrinare la stabilità del più importante dei governi di destra in Europa, quello italiano.

In ambito nazionale la vicenda Almasri fornisce alle opposizioni l’occasione per riprendere il ruolo di autorità morali che da trent’anni sostituisce credibili programmi di governo e la mancanza dei voti per governare. Chi può ignorare che l’Italia, avendo rinunciato, insieme all’Europa, ad avere una presenza militare in Libia, è costretta a comprare il favore di chi gestisce il potere a Tripoli (inclusa l’immunità per i suoi membri) per tutelare i suoi interessi? Ovviamente ciò non riguarda la magistratura – che è sempre irresponsabile – ma chi esercita il potere democratico. La via più facile per attaccare il governo è indagare il suo vertice per reati inesistenti cogliendo il duplice risultato di metterlo sotto ricatto, spianare la strada alle opposizioni e chiedere come riscatto il blocco della riforma della magistratura

29 gennaio 2025

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