Anche in Umbria trionfa il cambiamento (?)
Cambiamento. Ecco la parola magica capace di mettere d’accordo politici e cittadini. E quale momento migliore delle elezioni per sfogare la voglia di cambiamento? È andata così in Umbria secondo una tendenza che dura da tempo. Ovvio, quindi, che il netto capovolgimento di maggioranza dopo quasi 50 anni ha un valore che va oltre i confini della regione.
Gli errori commessi dalla Giunta uscente così come la sclerotizzazione di una classe dirigente politica abituata a gestire il potere come se le appartenesse “naturalmente” hanno avuto il loro peso. Gli elettori hanno esercitato il loro potere di scegliere usandolo per cambiare un andamento di governo che non li convinceva più. La normalità della democrazia. Ammesso e non concesso che i nuovi amministratori riescano a gestire la Regione attuando il cambiamento promesso che, di solito, va molto oltre le possibilità reali (chi vincerebbe le elezioni promettendo un cambiamento graduale e moderato?). Si vedrà nel corso degli anni.
Comunque la tendenza che si è espressa anche nel voto umbro è quella di un malcontento diffuso, ricercato e alimentato da una parte politica, che da’ vita ad una generica spinta al cambiamento. Ormai conosciamo a memoria le analisi sulla rivolta contro le èlite che le destre hanno saputo suscitare e pilotare. Èlite che sono state identificate sempre con chi ha guidato la creazione dell’Unione europea e la nascita dell’euro, scombussolando un assetto fondato sulle sovranità nazionali (in realtà mai esistite nella loro pienezza perché limitate sempre e comunque dalla necessità di commerciare e dai rapporti di forza tra stati). Poi ci sono state le politiche di austerità che hanno teso a limitare i deficit degli stati e quindi i debiti pubblici. A queste si è sovrapposta la crisi causata dall’esplosione della finanza senza regole negli Usa che ha travolto tutte le economie occidentali.
I gruppi dirigenti dei paesi occidentali sono stati incolpati di tutto come se stessero attuando un disegno politico predeterminato. Dall’antipolitica si è passati ad una scelta politica di campo che, attraverso la rivendicazione della propria identità nazionale ha vagheggiato il ritorno ad un mondo ideale nel quale la divisione permetteva a ciascun Paese di risolvere i suoi problemi soprattutto chiudendo i suoi confini e usando la propria moneta.
Ora sappiamo che questo movimento è transnazionale, è coordinato, finanziato e assistito da forze che si rifanno al mondo dell’estremismo di destra e che trovano nella Russia il loro riferimento ideale e un importante supporto logistico. D’altra parte è Putin che ha esplicitato questo disegno che si pone l’obiettivo di superare le democrazie liberali per instaurare regimi che sono stati che di democrazia hanno solo l’apparenza. Curioso che i sovranisti siano inquadrati nell’unico movimento politico sovranazionale che esiste. D’altra parte un suo importantissimo esponente, Steve Bannon, non ha scelto l’Italia come sua base operativa europea?
Un movimento che non disdegna di ricorrere alle peggiori tecniche di manipolazione dell’informazione, ma che soprattutto si basa sull’aggressività presentando come realistiche soluzioni semplici a problemi complessi ed imputando alle èlite ogni ostacolo che si frappone alla realizzazione della volontà popolare espressa da un capo politico.
Dunque cambiamento come ritorno ad un passato ideale nel quale i capisaldi erano la sovranità monetaria e la chiusura fisica all’ingresso di stranieri e ideologica alle culture diverse da quelle nazionali. Ovviamente la religione tradizionale rientra in questo quadro, ma reinterpretata dai capi della destra. Salvini che esibisce croce e rosario e che si appella alla Madonna si pone evidentemente in competizione con la Chiesa cattolica e con il suo capo, papa Francesco.
Ma anche un movimento che fornisce risposte ai dubbi e alle paure delle persone proponendo loro un’identità legata alla comunità della quale fanno parte. Un’organizzazione capillare sostiene dei leader che, come Salvini, fanno del contatto con gli elettori una pratica quotidiana sia con la comunicazione pubblica sia con un rapporto diretto andando ad incontrarli dove vivono. Nessun’altra forza politica vuole o può farlo. Nessun’altra si preoccupa dell’identità che, per ogni individuo, è un collante essenziale della sua proiezione sociale
Nel voto umbro si è espresso tutto questo che va ben oltre la dimensione regionale.
Claudio Lombardi
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