Autocrazie unite contro l’occidente libero
Brani di un’intervista di Massimiliano Coccia ad Anne Applebaum. Il tema è l’attacco delle autocrazie (Russia, Cina, Corea del nord, Venezuela, Iran) all’Occidente. Il testo integrale qui
La Russia nazionalista, la Cina comunista, l’Iran teocratico e il Venezuela socialista bolivariano hanno iniziato a lavorare insieme perché percepiscono che il linguaggio e le idee della democrazia liberale sono una sfida per loro e perché quel linguaggio è il linguaggio della loro stessa opposizione. E così usano la repressione per respingere l’avanzata di queste idee, utilizzando anche campagne diffamatorie. Costruiscono un discorso pubblico in cui le autocrazie appaiono stabili e sicure, poste in difesa dei valori tradizionali, e le democrazie invece sono deboli, divise, degenerate moralmente e sessualmente. Arrivano a creare un senso di fallimento, di catastrofe e di divisione all’interno del mondo democratico attraverso mezzi diversi: false informazioni veicolate da falsi siti internet che amplificano alcune campagne in modo particolare.
Producono in modo costante narrazioni anti europee, perché questo crea un senso di divisione all’interno degli stati nazionali. Ma non lo fanno da soli, in ogni Paese hanno un partner interno del mondo democratico. La Russia è il Paese più attivo perché è nel suo interesse prossimo disintegrare l’Unione europea e la Nato. Vladimir Putin cerca di aumentare la sua sfera di influenza in Europa perché il rispetto dello Stato di diritto è il tema più minaccioso per la sua stabilità, e perché potrebbe contaminare la società russa attraendo proteste interne. È un decennio che lavora sulla creazione di questo dispositivo di destabilizzazione, cercando alleati tra l’estrema destra e l’estrema sinistra, sperimentando queste nuove misure di propaganda, e c’è da dire che ha avuto successo.
Hanno contribuito ad amplificare narrazioni arrabbiate e divisive, hanno trovato divisioni esistenti e le hanno ingrandite. I russi non hanno inventato nulla, non hanno inventato Marine Le Pen o Matteo Salvini, ma li hanno promossi a volte usando i bot e i troll su internet, altre volte attraverso il sostegno economico. Queste attività sono un veicolo di espansione di un pensiero negativo nei confronti di quanto le nostre società hanno acquisito nel tempo.
Putin ha invaso l’Ucraina per tornare al sogno imperiale russo, quindi da un lato si tratta di una guerra coloniale classica con l’idea di trasformare, occupare, russificare e ripulire etnicamente l’Ucraina. Un conflitto che nell’ottica del Cremlino avrebbe reso nuovamente grande la Russia. Ma dall’altro lato è stata anche una guerra progettata per attaccare gli ideali fondamentali che hanno unito l’Europa dal dopoguerra ad oggi, l’idea che non si cambiano i confini con la forza e che esiste un diritto internazionale. Per Putin era necessario dimostrare all’Europa che lui può invadere, attuare una pulizia etnica, condurre arresti di massa, deportare oltre ventimila bambini ucraini in Russia e cambiargli le identità. Questo è un crimine che è l’esatta copia di ciò che i nazisti fecero durante la Seconda Guerra Mondiale, un’idea fascista. Il suo obiettivo era mostrare a tutti noi che la base del nostro senso di sicurezza non è reale, e mostrare all’Europa che anche la base della sua esistenza non è reale.
L’Europa ha reagito. Ma man mano che la guerra è andata avanti, è stato chiaro che il mondo democratico non era del tutto preparato alla portata di questa guerra. Non era preparato al fatto che i russi combattessero così a lungo, e con così tante perdite. E non era nemmeno preparato al fenomeno, di cui abbiamo già parlato e che ho descritto nel mio libro, della collaborazione del mondo autocratico con la Russia. Così il fatto che gli iraniani abbiano fornito droni alla Russia, o che i nordcoreani abbiano fornito munizioni e persone, o che i cinesi abbiano aiutato i russi a infrangere le sanzioni, e li abbiano riforniti di componenti e parti per la loro industria della difesa, ha colto di sorpresa le nostre società, sia la politica sia il giornalismo. Ritengo inoltre che la gente non abbia compreso la portata di questo conflitto. Se l’Ucraina dovesse crollare, ci costerebbe di più per la necessità di costruire i nostri sistemi di sicurezza, per le perturbazioni economiche e per il carico di milioni e milioni e milioni di rifugiati che si riverserebbero sui Paesi dell’Unione. Non credo che l’opinione pubblica abbia chiaro tutto questo, assieme al fatto che un mondo autocratico, rinvigorito dall’alleanza tra Cina, Russia, Iran, Venezuela, Corea del Nord, significherebbe combattere un conflitto continuo, anche dentro i nostri confini. Il popolo europeo non ha ancora affrontato una vera scelta tra democrazia o autocrazia. Una scelta brutale e netta.
Nel mondo economico italiano girano molti soldi russi, e i legami commerciali diventano legami politici. Credo che tutti noi vogliamo la pace e che la guerra finisca, ma c’è una differenza enorme se questa guerra finisce con la vittoria della Russia e la resa dell’Ucraina, perché l’Europa diverrà ancora più insicura e illiberale.
Occorre un’alleanza europea per scardinare un sistema che deve cambiare perché abbiamo permesso alle strutture cleptocratiche di proliferare tramite l’uso di società offshore, di banche, e di società anonime, permettendo che il denaro sporco divenisse una valuta di scambio grande e importante. Tra i maggiori contribuenti di questo mondo, ovviamente, ci sono gli Stati autocratici che tengono nascosto il loro denaro. Ma abbiamo permesso a molte delle nostre imprese di fare lo stesso. Penso che porre fine a questo, porre fine alla segretezza del denaro e alla facilità con cui alcune persone sono in grado di eludere tasse, regole e responsabilità sia qualcosa che deve essere fatto da molti Paesi, non solo dall’Italia.
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