Climate change, decarbonizzazione, energia e sviluppo

“È l’approccio che deve cambiare: per anni, la difesa dell’ambiente è stata trasformata, mi verrebbe da dire spacciata, per una difesa dell’esistente ed è stata trasformata in qualcosa da mettere in contrapposizione con il progresso, con la crescita, con il benessere. L’approccio nuovo, quello che stiamo tentando, penso possa essere questo: fare dell’ambiente un volano della crescita, non della decrescita, e superare la stagione in cui difendere l’ambiente coincideva con il dire no a tutto” per mantenere le cose come stanno.

Così ha parlato il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani in un’intervista di pochi giorni fa al Foglio. Parole di peso per un confronto che si sta facendo acceso ora che bisogna passare ai fatti perché il PNRR incalza. Il green non esiste in natura e va costruito. È fatto di prodotti industriali e di energie frutto di processi complessi. Il nodo cruciale è pertanto quello dei vincoli alle iniziative produttive necessarie per realizzare il passaggio dalle energie tradizionali a quelle rinnovabili.

Cingolani sta sul crinale tra vecchio e nuovo e, se vuole assolvere al suo compito, deve parlare con chiarezza e agire con determinazione. Ed ecco i concetti giusti: “per far fare un passo in avanti all’Italia occorre che ognuno faccia un passo indietro e occorre che qualcuno allenti le catene che tengono a freno il paese”. “Un paese che sposa grandi target internazionali come la decarbonizzazione totale nel 2050 e che se ne fa promotore attivo deve riconoscere che il principio del nimby (non nel mio cortile) non è un motore dell’ambientalismo, ma è al contrario un problema, un danno, un guaio da risolvere e da estirpare”. “Sull’ambiente le perdite di tempo non saranno più ammissibili e non dovrà più essere accettabile che vi sia qualcuno che renda impossibile l’installazione di un impianto per le rinnovabili con giustificazioni arbitrarie”. E, infine: “dovremmo trovare un modo affinché chi fa perdere tempo al paese facendo perdere anche risorse debba rispondere pubblicamente. E, mi auguro, anche di fronte alla legge dei ritardi che ha contribuito ad accumulare”.

Parole chiare anche dal presidente nazionale di Legambiente intervistato da Repubblica. Secondo Stefano Ciafani con le soprintendenze “sulla transizione ecologica proprio non ci siamo. Occorre un cambio culturale, non può essere che ogni mutamento del territorio sia bocciato a prescindere”. Si parla, ovviamente, degli impianti eolici e fotovoltaici. “Per rispettare gli impegni presi a livello internazionale sui tagli alle emissioni di CO2 ne dovremo costruire tanti e in fretta”. Ciafani imputa ai dirigenti delle soprintendenze un deficit di formazione. Non si può considerare un orrore una torre eolica. Il paesaggio italiano è sempre stato modificato fin dall’antichità. E dunque “ci sono cose che vanno fatte bene, ma vanno fatte”.

Non c’è dubbio che questa determinazione sia una novità positiva specialmente se proviene da chi dell’ambientalismo ha fatto la sua bandiera. L’orientamento è quello del fare per non perdere l’occasione del PNRR e per rispettare gli obiettivi che l’Unione europea si è data.

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia la strada per arrivare all’obiettivo di zero emissioni di CO2 entro il 2050 esiste ma è stretta e “richiede una trasformazione senza precedenti nel modo in cui l’energia viene prodotta, trasportata e utilizzata a livello globale”. Per arrivarci è inevitabile puntare sulle rinnovabili dalle quali bisognerà trarre l’energia elettrica per il 90% della produzione nel 2050. Le fonti fossili dovranno essere abbandonate. Carbone, petrolio e gas banditi per sempre.

Qualcuno, però, non crede a tanto entusiasmo. Michael Shellenberger, giornalista, ambientalista statunitense e studioso di politiche ambientali, cofondatore del Breakthrough Institute e fondatore di Environmental Progress, due think tank su temi green, esperto di energia consultato dal Congresso degli Stati Uniti e consulente per il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) intervistato da www.linkiesta.it ci tiene a precisare il suo punto di vista. In primo luogo ritiene che il climate change non è un’emergenza o una minaccia esistenziale per l’umanità. Il problema ambientale più importante dell’umanità è la povertà perché i poveri “devono dipendere dal legno e dal letame come combustibile”, usano più terra del necessario per procurarsi il cibo e non gestiscono i rifiuti. “Questi fattori distruggono l’habitat e danneggiano le specie”.

Un punto di vista che può essere disturbante per la lontananza dalle correnti di pensiero prevalenti in materia ambientale. Anche alla voce “soluzioni” Michael Shellenberger non usa mezze misure. Per lui bisogna puntare su energia nucleare e innovazione, non sul “sacrificio personale e la fine della crescita economica”. Il nucleare, infatti, “può decarbonizzare con successo le reti elettriche, come in Francia, e, a condizione di innovare, può fornire l’energia e il calore necessari per i processi industriali”.

Shellenberger non crede alla soluzione di consumare meno “come dimostra la crisi del Covid-19”. Per affrontare la pandemia, infatti, abbiamo fermato tutto ciò che era possibile attuando un cambiamento di stile di vita sostenibile solo per brevi periodi e cosa abbiamo ottenuto? Una riduzione del 20% delle emissioni di carbonio. Per lui la soluzione è chiara: “la maggior parte delle riduzioni delle emissioni deve venire dall’adozione di tecnologie più pulite” che non sono solo le fonti da eolico e solare. Infatti, “l’ambientalismo inganna l’opinione pubblica quando afferma che le energie che dipendono dal meteo, come il solare e l’eolico, possono garantirci tutta l’energia di cui abbiamo bisogno. Queste energie funzionano sulla rete solo grazie ai combustibili fossili e al nucleare”.

L’obiettivo più importante diventa dunque un altro: “sostenere i Paesi in via di sviluppo per permettere loro di creare ricchezza grazie, ad esempio, alle dighe idroelettriche, i combustibili fossili e infine il nucleare”.

Un punto di vista originale, ma necessario.

Claudio Lombardi

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