Riscrivere le politiche green in Europa
Chissà quanti anni fa la Cina ha deciso di imboccare la strada delle energie rinnovabili e dell’auto elettrica. Di sicuro non ha avuto una Greta elevata a massima autorità morale dell’Occidente. La Cina è un paese serio che ha finanziato la sua politica industriale green con le centrali a carbone senza porsi altro problema che studiare la sua penetrazione nel resto del mondo. Oggi è leader nei componenti per impianti eolici e solari, è leader per i veicoli elettrici, è leader per le batterie e ha quasi il monopolio delle materie prime per fabbricarle.
In Europa non si è decisa una politica industriale per il settore automotive. Si sono decise le scadenze e le sanzioni per il passaggio alla trazione elettrica e al 100% di rinnovabili. Un’impostazione di fatto moralistica che sta iniziando a produrre dei guai seri nell’industria dell’auto. Da Stellantis al gruppo Volkswagen è crisi sempre più seria. Il ritardo sulla Cina sembra incolmabile e non si vedono vie d’uscita. Continuare a produrre motori a combustione interna? Per alcuni miliardi di persone in Africa, Asia e Sud America nei prossimi decenni resterà questo il motore dominante, perché non anche in Europa? Ci vorrebbe libertà di scelta nella consapevolezza che il contributo dell’Europa alle emissioni mondiali di CO2 è minimo. Se pure la transizione rallentasse il mondo non ne soffrirebbe. Via le scadenze, via le sanzioni, libertà ai produttori di trovare la strada migliore per inquinare meno, ma senza suicidarsi
31 ottobre 2024
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