Giustizia: il Ministro Alfano ha mancato il bersaglio (di Vittorino Ferla)

Che cosa si aspettano davvero i cittadini dalla riforma della giustizia? E la riforma proposta dal Governo serve davvero oppure no?

Certamente, il quadro che emerge dai Rapporti sulla giustizia elaborati da Cittadinanzattiva, sulla base delle segnalazioni dei cittadini, è molto grave. Cittadini che attendono anche oltre trent’anni per ottenere una sentenza definitiva. Avvocati che non spiegano le scelte ai propri assistiti, non li mettono al corrente di possibilità diverse dal ricorso alle aule giudiziarie (mediazione, conciliazione, etc.) o non li informano delle possibilità di fare ricorso al patrocinio gratuito. Consulenti Tecnici di Ufficio che depositano la propria documentazione con anni di ritardo o che, addirittura, rappresentano allo stesso tempo la parte che chiede giustizia e quella che si difende. Giudici che rinviano ripetutamente le sedute, o che, all’interno di una stessa causa, vengono più volte sostituiti. 

Sorpresa: il difficile rapporto con gli avvocati

Nella metà delle segnalazioni raccolte ed elaborate dai rapporti di Cittadinanzattiva, la domanda prevalente  è quella della consulenza, cioè la richiesta di un sostegno concreto e competente. I cittadini chiedono poi informazioni sul funzionamento delle leggi, sulle procedure da seguire, siano esse nazionali o al livello comunitario. Il primo motivo di crisi, dunque, nell’impatto con il mondo della giustizia, non è affatto, come normalmente si pensa, il rapporto con i magistrati. Piuttosto, il rapporto con i propri legali: le principali difficoltà segnalate sono quelle legate alla mancanza di informazioni e orientamento, nella quale prospera l’inefficienza e la rendita di posizione degli intermediari professionali. Ecco perché le proposte di riforma del Ministro Alfano appaiono a maggior ragione fuori bersaglio. La ‘riforma della giustizia’ è assai preoccupante perché assomiglia molto di più ad una riforma della magistratura per renderla più docile alle aspettative della politica. Agli italiani serve qualcos’altro: una riforma della giustizia che abbrevi i tempi dei processi, che renda l’impegno dei cittadini accessibile grazie a dei costi ragionevoli, che metta i magistrati nelle condizioni di operare con tutti gli strumenti e con la massima qualificazione possibile contro i crimini più rilevanti che incidono sulla vita quotidiana delle persone. 

Se il governo sovraccarica i tribunali

Da una parte, il Governo, con questa riforma ci racconta che vuole far funzionare la giustizia. Dall’altra, lo stesso governo adotta misure che vanno nella direzione di un ulteriore sovraccarico dei tribunali con i danni conseguenti per il cittadino. Basti pensare alla recente legislazione che per dimostrare il pugno duro nei confronti degli immigrati rischia di oberare ulteriormente il lavoro dei magistrati. Per esempio, i pacchetti sicurezza hanno abolito quei riti speciali che consentivano di definire i procedimenti per reati bagatellari (reati con pene inferiori a 2 anni) evitando l’ennesimo processo. Il risultato è stato un ulteriore aggravio processuale.

Problemi simili rischia di sollevare il nuovo – e inutile –  reato di clandestinità, introdotto per motivi puramente ideologici e propagandistici su impulso della Lega, ma che avrà soltanto effetti negativi. Prima di tutto, ovviamente, sui cittadini immigrati, ma anche sui cittadini italiani. Di recente, la Procura di Agrigento ha dovuto iscrivere 6mila tunisini sul registro degli indagati. Il risultato è che in un colpo solo, e grazie a una legge di quello stesso governo che vuole migliorare la giustizia, avremo 6mila processi in più. Sarebbe molto più ragionevole, per esempio, sospendere tutti quei processi per reati minori che sono commessi dai cosiddetti ‘irreperibili’, che per il 90 per cento dei casi sono destinati al gratuito patrocinio e riguardano cittadini extracomunitari. Pensate quanto respirerebbe il lavoro dei giudici. 

Trasformare i reati in illeciti amministrativi

Così come, una delle vie possibili per velocizzare e rendere effettiva la giustizia italiana, sarebbe quella di superare quello che i giuristi chiamano ‘panpenalismo’, ovvero il fatto che qualsiasi tipo di illecito sia penalmente perseguibile. I magistrati, anche a causa di leggi ormai inadeguate o di nuove leggi sbagliate, non sono messi nelle condizione di dedicarsi ai grandi fenomeni criminali, ma sono obbligati a fare processi penali per qualsiasi piccolo illecito. Invece di introdurre continuamente nuovi micro reati per motivi spesso propagandistici, sarebbe il caso di snellire i processi prevedendo per quegli illeciti che non sono fortemente ‘offensivi’ la riduzione ad illeciti amministrativi. Sarebbe anche un modo per ridurre i costi e utilizzare meglio le risorse in un paese che ha un carico di processi penali tra i più pesanti d’Europa. 

La resa dei conti

Rispetto ad un simile quadro – che si potrebbe ulteriormente approfondire – che senso ha la crociata contro i pubblici ministeri? Appare evidente ai più che la riforma della giustizia è una pura finzione: sembra piuttosto una resa dei conti tra poteri dello stato, nella quale l’obiettivo del governo è garantire un salvacondotto per l’irresponsabilità del ceto politico.

Vittorino Ferla

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