I soldi non bastano. Senza riforme c’è solo il declino
La guerra in Ucraina sta coprendo tutte le magagne di una maggioranza di governo che ha esaurito la sua funzione. Si trascina stancamente avvitandosi intorno all’invio delle armi e alla vuota invocazione di una pace qualunque. Puri pretesti di capi partito in cerca di visibilità e sempre lanciati all’inseguimento dei sondaggi. Così come nel 2020-2021 si inseguivano le pulsioni ribellistiche di frange di opinione pubblica che non voleva indossare la mascherina o sottoporsi al vaccino per dare un segnale di individualismo radicale, così oggi dietro l’appello alla pace e lo stop all’invio di armi al governo ucraino si cela il messaggio di un egoismo nazionale eretto a valore supremo. A noi Italia non ci converrebbe sostenere ulteriormente l’Ucraina perché metteremmo in discussione le forniture di gas e i buoni commerci con la Russia. La prima guerra di conquista sul suolo europeo post 1945 utilizzata per confermare il messaggio civico, politico e culturale di una parte del mondo politico del tutto incapace di capire l’eccezionalità della situazione che si è creata e illuso che si possa semplicemente tornare al passato.
La stessa incapacità di porsi come guida della nazione si coglie nel modo con cui si affrontano le questioni dell’economia e della finanza pubblica. Dopo aver detto e ridetto che il PNRR, con la copiosità dei suoi finanziamenti, era l’occasione per una svolta nello sviluppo dell’Italia trainato dai buoni investimenti e dalle riforme, ci si sta avvitando sugli interessi dei balneari cioè dei titolari delle concessioni di sfruttamento delle spiagge italiane, manco si trattasse dei settori più avanzati della robotica e delle biotecnologie. Le destre – perché è da questo settore politico che viene la contestazione – si sono intestate una battaglia di retroguardia che premia l’intreccio perverso tra politica, amministrazione e sfruttatori dei beni pubblici che è una delle caratteristiche peggiori del modello italiano di sopravvivenza. L’altro pilastro è l’erosione della spesa pubblica in una miriade di percettori guidati da interessi elettorali e di blocco sociale. Il campionario è vasto: si va da ogni genere di erogazione assistenziale ai finanziamenti a tante iniziative pseudo imprenditoriali con il viatico di lavori pubblici a “perdere” ossia senza scopi chiari e senza tempi certi di realizzazione.
Intanto l’attuazione del PNRR – che non è composto di pagamenti da corrispondere a fronte di impegni di spesa, ma di modifiche strutturali di sistema che comunemente vengono chiamate riforme in seguito alle quali vengono realizzati gli investimenti – è in serio ritardo e si rischia di compromettere il pagamento delle rate dei finanziamenti europei. Questo ai partiti che inseguono gli elettori importa poco convinti che sia più importante la conquista del governo dopo Draghi, tanto l’Europa non oserà mettersi contro l’Italia sempre troppo indebitata per fallire e pagherà comunque per tenerla in piedi.
Le raccomandazioni della Commissione Ue volte ad assicurare il coordinamento e la sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio dei paesi membri dell’Unione europea e dei paesi membri della zona euro pubblicate da pochi giorni sono state l’occasione per altre polemiche di bassa lega (Salvini capofila).
Il contesto è quello di una guerra in Europa che sta producendo uno shock sia nel settore dell’energia che negli altri coinvolti dalla sospensione degli scambi commerciali con la Russia e con l’Ucraina. Il rischio segnalato da più parti è quello di una stagflazione (inflazione più recessione).
L’inflazione implica che la Bce segua la Fed nella diminuzione degli acquisti di titoli e nell’innalzamento dei tassi e questo per l’Italia, che ha il maggior debito europeo, comporta un rischio elevato di crisi finanziaria che già si intravvede nella crescita dello spread a livelli di molto superiori a quello di Spagna e Portogallo.
Ci eravamo dimenticati in questi anni di spesa pubblica impazzita e di finanziamenti monetari senza limite della Bce che i titoli pubblici devono pagare un interesse per essere piazzati. Con un rapporto debito – Pil superiore al 155% c’è solo da camminare sul filo del rasoio e sperare di non finire tagliati a pezzi.
La Commissione prevede che il patto di stabilità resti sospeso anche nel 2023, ma questo non deve significare scatenarsi con la spesa corrente. Le spese ora più che mai non possono essere indiscriminate come è stato tante volte nel passato e, in particolare, nel biennio 2020 – 2021 (200 miliardi di debito in più). Per questo l’occasione del PNRR è preziosa e non può essere persa. Continuare a pretendere scostamenti di bilancio cioè deficit aggiuntivo come vanno facendo da mesi Conte e Salvini è segno di pura e semplice irresponsabilità.
La Commissione nelle sue raccomandazioni ricorda che l’Italia soffre “squilibri eccessivi”e che il nostro sistema fiscale ostacola l’efficienza e la crescita, che il nostro Mezzogiorno continua a restare indietro, che povertà ed esclusione sociale ci sono sempre nonostante la valanga di spesa pubblica assistenziale di questi anni.
Nulla di nuovo dunque nell’analisi della Commissione. Servono cambiamenti strutturali cioè riforme. L’elenco è lo stesso da molti anni: pubblica amministrazione, giustizia civile, lotta a frodi e corruzione, concorrenza, istruzione e formazione. Il fatto che l’elenco sia sempre questo depone a nostro sfavore ovviamente e mina la credibilità di un Paese lesto a battere cassa, ma testardo nel difendere tutti gli interessi anche i più nocivi. Strenua difesa delle rendite dei balneari e dell’arretratezza del Catasto sono gli esempi ovvi. È poi superfluo ricordare l’impressionante quantità di evasione, erosione ed elusione fiscali altro tabù italiano che si perpetua di crisi in crisi.
Come scrive Mario Seminerio in un suo articolo QUI “assumere pose da sdegnati patrioti su fondi da ricevere, rigettando linee guida di riforma peraltro concordate e non calate dall’alto, non fa che perpetuare l’approccio accattosovranista che è l’unica recita da filodrammatici che alcuni soggetti riescono a produrre. Temo sentiremo e leggeremo anche che “la Ue ci ricatta”, che sarebbe ridicolo se non fosse inverecondo. Se siete così sovrani e non tollerate ingerenze esterne, rinunciate a quei fondi condizionati. Ma toglietevi dalla testa che quei soldi abbiano un carattere “risarcitorio”, “perché noi valiamo”. Contrariamente a quanto molti nostri politici sono giunti a credere, non esiste alcun diritto acquisito italiano ai sussidi europei. Non posso tuttavia esimermi da una considerazione: quanto è davvero riformabile questo paese, sia in condizioni di crisi conclamata (cioè che toglie risorse) che durante una pioggia di denaro, in parte rilevante a titolo gratuito, ma comunque condizionata alle riforme medesime? Comincio a pensare che sia tempo e denaro sprecato, e che certe riforme non passerebbero neppure sotto occupazione militare”.
Se nulla deve cambiare sarà inevitabile scivolare sempre più in basso. Meglio dirselo che far finta di niente
Claudio Lombardi
(l’immagine di copertina è di Myriam fotos da pixabay)
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!