Auguri (di Claudio Lombardi)
Pare che la crisi dell’ILVA di Taranto si avvii a soluzione con l’intervento dello Stato. Pare anche che la crisi di Termini Imerese sia stia risolvendo con la mediazione del governo. Le acciaierie di Piombino le ha comprate un gruppo algerino. Per la AST di Terni le cose sembra che si siano messe bene. I giornali scrivono che per Meridiana si profila una soluzione. (L’elenco è lungo, chi vuole può trovare qui una scheda completa www.repubblica.it/economia/2014/12/19/news/crisi_aziendali-103307729/?ref=HREC1-2)
La legge di stabilità è stata approvata. Con luci, ombre ed errori come tutti gli anni. I decreti sulla riforma del lavoro cominciano ad essere approvati (con tempi fulminei per le tradizioni italiane). Faranno bene? Faranno male? Vedremo. Intanto il reintegro ex art 18 sembra sia stato mantenuto. I contratti ai precari delle province sono stati prorogati.
Tutto bene allora? Manco per idea. Innumerevoli problemi restano in attesa di soluzione e nessuno può pensare ci sia qualche magia per affrontarli tutti insieme. Così il pessimismo e l’arrabbiatura sono sempre possibili e ognuno può prendersela con chi gli pare. Noi italiani facciamo grandi battaglie di principio e sui simboli, ma poi dimentichiamo in fretta e non ci interessa più conoscere il seguito delle storie. È comprensibile, non possiamo trasformarci tutti in esperti di ogni cosa. Per ogni problema chiediamo una legge o un intervento risolutore del governo. Ma non ci accorgiamo che l’Italia affoga nelle norme di ogni tipo e che, ben più della norma, conta chi e come la applicherà. Probabilmente abbiamo già tutti gli strumenti che ci servono e abbiamo la potenzialità economica e finanziaria necessaria per usarli, Europa o non Europa. Chi cura l’informazione ci dovrebbe aiutare sempre non solo a protestare ed inveire, ma a capire le cause, quelle più vicine e quelle remote. Ci farebbe un gran bene tenerle sempre presenti e riconoscerle nei problemi che si manifestano spesso come emergenze “inaspettate”. Ci aiuterebbe a selezionare i migliori, i più capaci in ogni campo e ad affidare a loro gli incarichi più importanti. Ci aiuterebbe ad essere intransigenti quando serve e con intelligenza.
Ciò che accade oggi e da molti anni, invece, è l’esatto contrario e dal gran vocio che si leva nel confronto tra parti politiche, sindacali, correnti di opinione e quant’altro si muove nella società non si percepisce una base condivisa che ci identifichi come nazione, come stato democratico con una storia alle spalle. A distanza di 34 anni siamo ancora alla descrizione che Italo Calvino fece nel 1980 nel celebre “Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti” che inizia così:
“C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale”.
Ecco se qualcosa è cambiato da allora è cambiato in peggio perché oggi non si può nemmeno più parlare di gruppi convinti di interpretare il bene comune. Come le cronache giudiziarie dimostrano i gruppi di questi ultimi anni sono composti di predoni che hanno la sola legge del loro tornaconto personale. Predoni che, però, ricevono spesso il consenso di migliaia di elettori o che dispongono di clientele fedeli.
L’augurio che ci possiamo fare è che in un futuro (si spera non lontano) la prima legge che dobbiamo imporre a noi stessi, depositari della sovranità nazionale, è quella di non scegliere più i furbi, i disonesti, i corruttori e i corrotti quando si tratta di delegare il potere.
Poi di tutto il resto si può discutere – leggi, decreti, manovre, provvedimenti – ma viene dopo e se non cominciamo da qui ad ogni fine d’anno ci troveremo sempre a contare i danni
Claudio Lombardi
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