Un caso di resistenza corporativa: la polizia municipale di Roma

Si parla tanto di resistenze corporative. Eccone un esempio tratto dal sito di Carteinregola (https://carteinregola.wordpress.com). L’antefatto è la decisione del comandante del Corpo di attuare una rotazione di agenti e funzionari tra i vari gruppi operativi e tra i municipi. Immediata è stata la reazione di condanna da parte di CGIL, CISL e UIL che lamentano una “gratuita quanto generalizzata offesa collettiva rivolta soprattutto alle migliaia di uomini e donne che appartengono al Corpo”.

Ecco il commento di Carteinregola:

“ a noi sembra che l’offesa sia quella inferta alla collettività da questa ennesima  battaglia  corporativa, contro un Piano che non penalizza nessuno ma prevede semplicemente che dopo 5 anni (per i funzionari) o 7 (per gli agenti) si cambi gruppo o municipio. E ci chiediamo come possano i sindacati allontanarsi così tanto dall’interesse pubblico generale per difendere “a prescindere” i privilegi dei propri iscritti. E’ venuto il momento che anche  i cittadini facciano  sentire la propria voce”

Il commento prosegue ricordando i casi di corruzione che hanno coinvolto singoli appartenenti al Corpo della polizia municipale di cui hanno parlato tante volte le cronache cittadine. Già nel 1995 a seguito della decisione di far ruotare i vigili addetti ad una zona commerciale ad alta densità, scoppiò quasi una rivolta nel Corpo. Allora era sindaco Rutelli e vice sindaco Walter Tocci; insieme decisero di mettere mano ad una riforma della Polizia municipale di cui – ricorda Carteinregola – si sono da tempo perse le tracce.

Del caso si è occupato anche Raffaele Cantone, presidente dell’Authority nazionale Anticorruzione, con parole semplici e chiare: “la rotazione è un meccanismo a tutela delle persone per bene. Chi lavora in modo corretto in un municipio continuerà a farlo anche altrove. Chi invece delinque, avrà maggiori difficoltà a proseguire nel comportamento illecito. È come dire all’operaio di indossare il casco: è una misura a sua difesa, non significa che tutti gli operai sono imprudenti. Non mi pare che sia una criminalizzazione di tutti i vigili, ma un provvedimento a loro tutela“.

Il commento di Carteinregola si conclude con un’amara considerazione valida in tanti altri casi simili: “oggi, nel 2014, in un paese dove dilagano corruzione e mafie, ci tocca ancora sentire  discorsi sul “danno d’immagine irreversibile” quando si mettono in atto normative che sono addirittura previste da tempo nella legislazione nazionale”.

Ecco, bisognerebbe che i sindacati si ricordassero che per tanti anni chi parlava di mafia veniva accusato di offendere la dignità del popolo siciliano. Se vogliono possono dimostrare con i fatti la loro volontà di combattere la corruzione, ma lasciassero stare le retoriche dichiarazioni di orgoglio corporativo che non hanno alcun senso e suscitano solo diffidenza tra i cittadini

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