Dal terremoto in Irpinia alla morte di Marianna Manduca l’Italia che non funziona

In questi giorni ricorre il 40° anno dal terremoto dell’Irpinia che nel 1980 provocò quasi 3 mila morti e 300 mila sfollati. Oltre alla forza devastatrice del sisma resta nella memoria l’assenza dello Stato che lasciò i sopravvissuti e quelli che erano ancora sotto le macerie senza soccorsi per giorni. Molti morirono così e chi restò non ricevette cure, cibo e ripari adeguati alla stagione invernale per troppo tempo. Memorabile resta il discorso a reti unificate che pronunciò il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che era andato a visitare le zone colpite a 48 ore dal disastro. La denuncia del Capo dello Stato era per l’assoluta mancanza di soccorsi e per la mancata attuazione della legge approvata nel 1970 proprio per gestire gli interventi a seguito di calamità naturali. Incredibilmente, come ricordò Pertini, dopo dieci anni quella legge era ancora bloccata dalla mancanza dei regolamenti di attuazione. Niente di cui stupirsi se ancora oggi accade che le leggi approvate dal Parlamento anche sotto la spinta dell’emergenza restano lettera morta per mesi se non per anni. Evidentemente è lo scotto da pagare ad un assetto dell’ordinamento istituzionale e amministrativo che antepone le procedure e il rispetto delle funzioni burocratiche ai risultati da raggiungere.

Dopo il terremoto partì una gigantesca speculazione sulle enormi risorse che il governo andava mettendo in campo nel corso degli anni per la ricostruzione. Nel 2000 furono quantificati in oltre 60 mila i miliardi di lire stanziati, ma nel 2010 Sergio Rizzo fece una sua valutazione che fissò alla cifra pazzesca di 66 miliardi di euro il totale delle somme messe in gioco (oltre 122 mila miliardi di lire). E sicuramente il 2010 non segnò la fine dell’emorragia di soldi dalle casse dello Stato.

Come i ritardi nell’attuazione delle leggi anche questa è una caratteristica ricorrente nella storia italiana: lo spreco di risorse che vengono accaparrate (possiamo dire rubate?) da gruppi di interesse spesso legati alla criminalità, affaristi e singoli speculatori dotati di appoggi nella politica e nelle amministrazioni. Sprecate e, di conseguenza, distolte dagli obiettivi ai quali erano state destinate. È una tradizione italiana che terremoti e altre calamità naturali oltre che situazioni di carenza e di crisi (come può essere l’acqua in Sicilia), siano la via preferenziale per costituire posizioni di rendita che si alimentano proprio con la mancata soluzione dei problemi. Ricordiamocene: in Italia non mancano mai i soldi; sono solo spesi male.

Negli stessi giorni si è rievocata la vicenda dell’assassinio di Marianna Manduca uccisa nel 2007 dall’ex marito dopo che aveva denunciato per dodici volte gli atti di violenza che le erano stati inflitti. Anche il Presidente del Consiglio ha voluto occuparsene annunciando che il governo riconoscerà il diritto dei figli ad essere risarciti dallo Stato per le gravi violazioni di legge e l’inescusabile negligenza dei magistrati della Procura della Repubblica di Caltagirone che non diedero corso alle denunce di Marianna e non fecero nulla per impedire il suo omicidio.

Leggere la storia di Marianna e delle sentenze che si sono susseguite è istruttivo per chi vuole rendersi di come sia spesso perverso il rapporto degli italiani con i poteri pubblici. Intanto sono passati tredici anni e ancora non si è arrivati ad una conclusione. Già questo meriterebbe il marchio di inciviltà per una vicenda purtroppo fin troppo chiara nel suo svolgimento e per l’attribuzione delle responsabilità. Bisogna ricordare che una di queste sentenze arrivò addirittura a negare che si potesse evitare l’omicidio di Marianna e fu questa la base giuridica per chiedere ai figli la restituzione della somma pagata dallo Stato a titolo di risarcimento per gli errori dei magistrati. Conte ha voluto occuparsene in coincidenza con la giornata mondiale contro la violenza sulle donne e nell’imminenza di un’ulteriore fase processuale che, senza l’intervento del governo, è probabile che avrebbe confermato la condanna dei figli alla restituzione del risarcimento per l’omicidio della madre.

Cosa ci insegna questa vicenda? La più ovvia delle evidenze: lo Stato non ha protetto Marianna Manduca e l’ha consegnata nelle mani del suo assassino. Ciò che colpisce ripercorrendo i vari passaggi prima del suo omicidio è l’incredibile e oggettiva complicità di quelli che sono intervenuti e che non hanno voluto riconoscere la pericolosità del marito di Marianna. Un giudice è arrivato persino ad affidare a quel soggetto i figli preferendolo alla madre. Quel contesto e quei soggetti che avrebbero dovuto rappresentare lo Stato si qualificarono per l’ottusità, l’incompetenza e l’arretratezza culturale che li orientò a considerare semplici diatribe tra coniugi le minacce e le continue violenze contro Marianna.

Nella storia di una nazione bisogna saper distinguere i tratti salienti per capire in quale direzione andare. Ebbene la storia d’Italia ci fornisce molti spunti negativi che sono alla base dei nostri problemi attuali. Dobbiamo riconoscerli e liberarcene se vogliamo evitare il declino al quale siamo destinati

Claudio Lombardi

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